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Voci da galera, di Carlo Molinari

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vinima
view post Posted on 14/1/2005, 00:47




Nome e Cognome=Carlo Molinari
Titolo=Voci da Galera
Classificazione=volontariato, sociale, carcere
Pubblico adulto?=adatto ad un pubblico dai 14 anni in sù
Opera=A.A.V.V.
a cura di Carlo Molinari

VOCI

DA GALERA
STRALCI EPISTOLARI (E NON) DI CARCERATI:
PER DAR VOCE A CHI NON CE L'HA



'Marca Aperta' Editrice




Carlo Molinari

VOCI DA GALERA








'MARCA APERTA' EDITRICE - MONTEBELLUNA (TV)






In copertina: 'Cirri azzurrissimi', fotografia elaborata al computer dall'Autore

Copyright by 'Marca Aperta' Editrice di Giuliana Merotto - Montebelluna (TV) 2004
Proprietà letteraria e artistica riservata
Riproduzione e traduzione anche parziali vietate

Finito di stampare nel mese di marzo 2004 presso la Tipografia Artegrafic di Castelfranco Veneto (TV)




Un ringraziamento profondo va anche ai tanti soci e simpatizzanti di AMI.CA. che hanno offerto generosamente il loro contributo per la realizzazione di questo libro: specialmente a Giuliana Merotto (Montebelluna, TV), ad Anna ed Elisa Meneghetti (Cornedo, VI), Paolo Cifariello (Piacenza), Paolo Zannoni (Santorso, VI), Samuela Rigon (Padova), Pierangelo Susana (Susegana, TV), Aurelio Burba (Monfalcone, GO), Anna Teresa Zearo (Roma) e a Maria Camarda (Piana degli Albanesi, PA).
Un grazie sincero anche alla Caritas della parrocchia 'Beata Vergine di Lourdes' di Conegliano (TV) per le stesse motivazioni.




Dedicato a tutti i detenuti
morti in carcere
'giustiziati' nel mondo
da Stati forcaioli,
o scomparsi in
'circostanze misteriose'.



























PREFAZIONE

Gentile Lettore,
questo libro segna il mio esordio come editore.
Potevo iniziare con qualcosa di più leggero, le premesse c'erano tutte: ho un sacco di amici poeti, narratori, cantastorie, affabulatori... E invece no: mi è arrivato tra le mani per primo questo 'Voci da Galera' (mettiamo la G maiuscola che, secondo me, dà più enfasi al signifi-cato stesso? Idem per la copertina?), tosto da mozzare il fiato, e non ho resistito alla tentazio-ne.
Tra poco Carlo Molinari ti prenderà per mano e ti condurrà in un Pianeta sconosciuto (e tale destinato a rimanere per la gran parte di noi). Un mondo irreale in cui - tranne chi ci vive, in un limbo in cui il dolore viene distillato in forme variegate e uno spiraglio di luce è consentito solo a chi spera - è severamente vietato entrare, se non a pochi addetti ai lavori.
Quelle che leggerai sono testimonianze dirette e sconvolgenti, che l'Autore ha raccolto tra lettere dirette all'associazione e a volte anche tra qualche articolo di giornale. Sono un cam-pionario di lettere tra le più significative - ma molte altre sono nel suo archivio, e nell'archivio dei numerosi volontari (tra questi ci sono anch'io) che soccorrono per iscritto (ma non solo) un fratello che ha infranto la legge e vive 'ristretto' in carcere.
Si tratta di 'voci da galera'; parole accorate, che nascono e fioriscono in una realtà separata e allucinante, lanciate verso un interlocutore amico, che dall'esterno gli fa arrivare qualche fra-se di conforto, un libro, una scatola di pennarelli per ingannare il tempo... Uomini-non uomi-ni, che in molti casi hanno perso tutto, o quasi, a incominciare dagli affetti.
Dai loro scritti è possibile conoscere la loro pena, e viene voglia di pensare che non c'è delitto che valga la privazione della libertà... Ma le nostre convinzioni qualche volta oscillano tra la fiducia nella capacità di redenzione e la consapevolezza della cattiva inclinazione, tra il desi-derio di dare una mano e una vaga sensazione di inutilità... Saremo abbastanza forti da opera-re il salvataggio? Credo che valga la pena almeno provarci.
Di certo, un muro impenetrabile divide la loro esperienza dalla nostra; un muro dietro il quale, nel sovraffollamento che toglie ogni residua dignità, sono celati sofferenze e abusi.
Giuliana Merotto



Introduzione dell'Autore


Cara Lettrice, caro Lettore,
questo libro raccoglie svariati spezzoni di lettere (e non solo) ricevute direttamente dal car-cere. Forse qualcuno potrà chiedersi come ne sono venuto in possesso, domanda più che le-gittima.
Alla fine del Dicembre 1995, mi venne l'idea di scrivere ad un detenuto che chiedeva un po' di compagnia e conforto morale (per la solitudine in cui si trovava) e la cui lettera era stata letta, per sensibilizzare gli ascoltatori sulle tematiche carcerarie, a Radio Maria nell'apposito spazio che l'emittente cattolica dedica da parecchi anni al mondo del carcere: ovvero il sabato sera, 20 minuti prima delle 24, e alle 0.40 ca. dopo la preghiera del S. Rosario; inoltre, ogni terzo lunedì del mese dalle 22.45 in poi. Mentre stavo scrivendo a getto, come se l'avessi fatto da sempre e come se conoscessi da una vita quella persona reclusa, pensai che la stessa cosa poteva essere fatta anche da altre persone [(a dire il vero, migliaia di persone lo avevano già fatto e lo stavano facendo da anni e anni, ben prima di me (per fortuna!)].
Pensai, al tempo stesso, di creare e organizzare appositamente un gruppo di "scrittori di let-tere": volevo a tutti i costi cercare di trovare qui in zona e poi in tutta Italia delle persone di-sponibili a scrivere a chi sta in carcere: volontariato penitenziario tramite corrispondenza.
Ma come fare? Con il passaparola, con le inserzioni nei giornalini di annunci gratuiti.
Detto, fatto: grazie a Dio.
Nacque così in breve tempo "AMI.CA. (Associazione Amici dei Carcerati)": attualmente siamo circa 80 soci/e sparsi in tutta Italia (persone eccezionali che desidero ringraziare pub-blicamente per la loro indefessa costanza, generosità e altruismo), con circa 150 Fratelli e So-relle che vivono la dura esperienza del carcere e che tramite lo scambio epistolare ricevono, e ci offrono in larghissima misura, una ventata di Amicizia, compartecipazione e a volte anche buon umore (sembrerebbe un paradosso ma è così), certamente anche denunciando immani e disastrosi sconforti personali e strutturali.
Nella nostra cultura edonistica e consumistica, tipicamente occidentale, il "pianeta carcere" è un mondo che abbiamo imparato a non considerare e a ghettizzare. Non ci si pensa proprio. Anzi, alcuni se potessero ci metterebbero una bella e grande pietra sopra!
Come avveniva una volta per coloro che erano affetti da lebbra: venivano cacciati fuori dalle città o villaggi, gettati in fosse già predisposte e rinchiusi sotto sbarre.
E là dimenticati per sempre.
E questo è quello che succede, grosso modo, per il mondo del carcere, quindi per i detenuti: qualcuno dirà a buona ragione che i lebbrosi non se lo meritavano di certo mentre chi sta in carcere se lo "merita" senza dubbio.
Tuttavia questo è vero solo in parte. Ecco che qui, innanzitutto, c'è tanta disinformazione: il 47% di chi sta in carcere è ancora in attesa di una sentenza di primo grado! La popolazione detenuta italiana è formata da circa 57.000 persone: 26.800 ca. di queste stanno ancora aspet-tando che un giudice le dichiari colpevoli o innocenti! Prima si viene arrestati e scaraventati in prima pagina, a volte anche come "ipotetici mostri o brutali assassini" (ma intanto tutti ci cre-dono), poi si comincia ad aspettare che qualche giudice inizi il lungo iter del processo.
E intanto si attende, si attende e si attende ancora: in carcere.
E quanti, quanti purtroppo, sono risultati poi innocenti "regalando" allo Stato anni e anni della propria vita: in cambio di cosa (ammettendo per l'assurdo degli assurdi, e contro natura umana, che si possa barattare la propria libertà violentata, in quanto risultati poi innocenti, con una manciata di soldi)? In cambio di qualche milione di vecchie lire per ogni anno passato dietro le sbarre da innocenti, lontani e strappati dagli affetti, dalla moglie o dal marito, dai fi-gli, dai parenti, dal lavoro quasi sempre perso a causa della detenzione? E non continuiamo per decenza umana questa penosa lista (poi qualcuno si meraviglia anche per il tasso così ele-vato dei suicidi in carcere).
Leggerete nelle pagine a venire alcuni di questi agghiaccianti casi: no, non ci si trova sul set di un macabro film, qui parliamo di vita reale. Com'è capitato a tanti di loro per scellerato ed aberrante errore giudiziario, potrebbe capitare anche a me, o a voi. (per carità, non lo augu-riamo a nessuno! Dio ce ne scampi!): quindi è ben facile puntare il dito, mentre è molto più difficile farlo con cognizione di causa (analizzando caso per caso, cosa peraltro impossibile), senza cadere nei soliti tranelli della amorale (a volte) di massa. So bene che questo discorso potrebbe attirarmi molti mugugni e qualche antipatia ma sinceramente preferisco proseguire il più lealmente possibile su questa strada: tutti noi sappiamo bene che per scagliare la prima pietra dobbiamo innanzitutto guardare dentro noi stessi e poi girare i tacchi.
E comunque essere informati su quello che si sostiene essere il vero, mentre magari non è altro che un "dagli all'untore" massificato e ben pompato (a regia) dai mass media sensazio-nalistici a caccia di strani esseri lombrosiani da schiaffeggiare in prima pagina anche se la no-stra Costituzione Repubblicana ordina la presunzione di innocenza fino al termine del proces-so di primo grado: ma intanto sono ben capaci lo stesso di rovinare l'esistenza a certi poveri cristi, vittime delle maglie di una giustizia che fa acqua dappertutto come uno scolapasta (pa-rola d'ordine: munirsi sempre di ampio ombrello, non si sa mai.).
Un banalissimo esempio, ma reale, accaduto? Due persone senza lavoro rubano per procura-re qualcosa da mangiare in famiglia: uno ruba dell'oro in una gioielleria con una rapina a ma-no armata; l'altro ruba verdura e frutta da un ambulante dandosela a gambe tra la folla mezza inferocita. Entrambi colpevoli: rubare è un reato. Non ci piove. Ma in questi due casi chi sarà "più colpevole" in senso lato? Rubare oro e rubare insalata e cetrioli hanno la stessa valenza (a prescindere in teoria dalle modalità e dalle pene inflitte)?
Eppure entrambi acquisiscono lo "status" di detenuti: entrambi finiscono in galera come la-dri.
Vai tu ora a spiegare ad un datore di lavoro, al fine pena, come sono andate le cose vera-mente. Comunque sia, tu sei e resti, nel pregiudizio collettivo, un ladro.
Che forse potrebbe ancora rubare: quindi non ti assumo, non ti do fiducia, e tu rimani per strada di nuovo, senza soldi e senza lavoro. Tragico.
Che siano tutti "angeli" allora? Ma neanche per sogno: nessuno ha mai detto questo.
Forse riuscirò a spiegarmi un po' meglio nelle righe a venire, se avrete la pazienza e la bontà di spingervi sino alla fine di questa mia introduzione.
Certo che sarebbe anche interessante capire (ma non ci vuole molto.) perché i mass media ci propinano sempre e solo fattacci di ex detenuti e/o detenuti in semilibertà che commettono reati (così gran parte della gente digrigna ancor più i denti verso "la categoria" in generale e magari li vorrebbe vedere anche appesi a testa in giù e forse anche fucilati all'istante.) quan-do le statistiche parlano chiaro: solo lo 0,1% di chi esce dal carcere vi ritorna come recidivo.
Lo 0,1%: non l'1% o il 10%. No, non è un errore di battitura: è lo 0,1%!
Lo sapevate?
La nostra Costituzione all'art. 27, II° comma, inoltre, prevede la "rieducazione" del condan-nato: come? Quando?
Pare un'assurda barzelletta (anzi lo è).
Qualcuno abbia la bontà di spiegarci come si fa a "rieducare" un detenuto facendolo vivere con altre 5/6 persone in una cella costruita per 2 (vedi "San Vittore" a Milano, costruito per 1.500 detenuti ed affollato da 2.400 persone, o "Santa Bona" a Treviso, costruito per ospitare 150 detenuti e attualmente "abitato" da circa 250)? Un nostro corrispondente mi ha racconta-to, faccia a faccia, che vive in una cella mignon con un letto a "tricastello" tant'è che quando uno sta in piedi gli altri due devono restare a letto per mancanza di spazio vivibile: ovvia-mente con bagno turco compreso in cella, così quando il fortunato di turno che sta in piedi deve "andare" anche in bagno (basta che sposti solo qualche piede) gli altri due devono o pos-sono "assistere" in diretta all'avvenimento.il "Grande Fratello" in confronto è uno spettaco-lino da principianti (e qui non servono neanche una televisione nè mille telecamere).amara, e quanto amara, ironia."Rieducazione" del condannato?!
È forse "rieducazione" che certi magistrati di sorveglianza rigettino continuamente permessi di libera uscita quando i pareri scritti dei sorveglianti e/o degli educatori (sulla affidabilità e la buona condotta del detenuto) sono più che favorevoli?
È forse "rieducazione", in alcuni carceri, potersi fare la doccia solo una volta alla settimana (specie d'estate)?
È forse "rieducazione", in quasi tutte le carceri, non avere la possibilità di lavorare, di gua-dagnarsi qualcosa per non gravare sulle spalle dei contribuenti e prima ancora (se c'è e se non è già frantumata) della propria famiglia? È forse "rieducazione" star male e sentirsi rifiutare in tantissimi casi i farmaci ad hoc perché ci sono sempre i classici tagli annuali alla Sanità e i primi a pagarne il prezzo, oltre agli anziani, sono sempre i detenuti, visto che le dispense delle infermerie di certe carceri hanno buchi da far paura?
Non parliamo poi dei farmaci salvavita.
È forse "rieducazione" che in tantissimi carceri ci siano solo un educatore ed uno psicologo ogni 200/250 detenuti?
Si parla comunemente anche di "reinserimento" nella società, una volta scontata la pena: più di un detenuto ci ha confessato di avere il terrore di uscire (al fine pena) per non sapere dove andare a dormire, dove cercare un lavoro, dove procurarsi dei soldi per mangiare, per vivere, per spostarsi. Ci sono, come sempre, alcune comunità cattoliche e/o laiche che si occupano anche degli ex detenuti, ma a ben vedere, sono veramente poche, mosche bianche. Se una per-sona è tossicodipendente, alcolista, malata di AIDS ecc. trova quasi sempre un aiuto (per for-tuna, grazie a Dio).
Ma credete, chi esce dal carcere e va in cerca di un lavoro col "marchio" di essere un ex carcerato, purtroppo resta tantissime volte a piedi e deve sottoporsi a delle peregrinazioni in-dicibili per poter ricominciare una vita seriamente onesta a tutti gli effetti. E si porta così die-tro una seconda condanna, tatuata a fuoco, dopo aver pagato la prima (e a che prezzo!): quella dell'indifferenza e dalla ghettizzazione della nostra società. Cambia l'uomo ma troppo spesso non cambia la società.
Ben diceva uno scrittore, in una frase celeberrima: "Fa più rumore un albero che cade ri-spetto ad una foresta che cresce in silenzio".
E per citare anche Raoul Follereau: "Rifiutate di mettere la vostra vita su un binario morto. Ma rifiutate anche l'avventura in cui la parte dell'orgoglio è più grande di quella del servizio. Denunciate, ma per esaltare. Contestate, ma per costruire. Che perfino la vostra rivolta stessa e la sua collera, siano amore!".
Ecco, in questo libro lasceremo un po' di spazio a chi spazio non l'ha mai avuto. Cerchere-mo di aprire un piccolo barlume di luce con la speranza che questo porti ad un sincero sforzo di comprensione, se si vuole anche caritatevole, denudata dai soliti pregiudizi di massa che nullificano l'Uomo.
Vedremo tanti flash di una foresta che cresce in silenzio: che vuol farsi conoscere.
"Voci da Galera" è qui per questo, pur con tutte le sue immense limitatezze.
Proveremo ad ascoltare: per conoscere di più e meglio.
Affinché i Lettori conoscano, siano informati su questo "pianeta" che probabilmente non sappiamo neanche che esista nella costellazione della nostra vita.
Carlo Molinari






Associazione AMI.CA.
(Amici dei Carcerati)
C.P. 84
31015 Conegliano (TV)
http://communities.msn.it/AmiCaWebAssociaz...icideiCarcerati
[email protected]
c.c.p. n° 10881316



P.S. Per motivi di privacy e di sicurezza, non vengono citati né cognomi, né date, né carceri d'appartenenza (a meno che non siano di pubblico dominio).
Quando il Lettore incontrerà il simbolo (.) vuol dire che un pezzo di lettera, un nome o una data, sono stati omessi per le ragioni di cui sopra.






Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il Regno dei cieli.
Beati quelli che piangono,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame
e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati
figli di Dio.
Beati i perseguitati
a causa della giustizia,
poiché di essi è il Regno dei cieli.

(Matteo 5, 3-10)






VOCI DA GALERA


Sto scontando una pena di 5 mesi (diconsi 5.) per un lieve reato commesso nel carcere di (.). Ciò che dico non vuole essere una lamentela dettata dalla detenzione, anche se per il reato commesso non dovrei stare in carcere. Ovviamente è da supporre che qui dentro vivano persone a due gambe, non voglio dire soggetti umanoidi, invece in questo "cesso" di carcere (perché tale è) si è verificata la convivenza obbligata con animali poco simpatici: formiche, formiconi, cimici, zanzare ed altre specie non invidiabili, anche se a primeggiare sono gli sca-rafaggi da Guiness dei primati, enormi, con nere corazze lucenti, col maledetto vizio di predi-ligere il bagno e di uscire dai nascondigli più impensabili di notte, quando per qualcuno di noi c'è l'obbligo di andare al bagno fuori orario e scendendo dalle brande a castello, prima di toc-care il pavimento, prendono subitanea confidenza con le coppie di scarafaggi in transito e si sente il fastidioso "crac" della poltiglia sotto le piante dei piedi. Mi sono premurato di far pre-sente questa situazione: mi è stato risposto che sono innocui e che l'estate è la loro breve sta-gione, che hanno sempre diritto di vivere secondo l'insegnamento francescano.
E la disinfestazione?
Una semplice ma fastidiosa alzata di spalle per tutta risposta.
Io fra poco esco, sono fuori, ma sono certo che nella mia memoria rimarrà indelebile lo schifoso rumore degli scarafaggi schiacciati. Prima di concludere non voglio dimenticarmi di dirvi che nei cortili del passeggio non vi sono scarafaggi ma serpenti, per fortuna non veleno-si. Non sarebbe più giusto appellare questo Istituto non super-carcere ma un super-zoo?
Carmine



La mia vita è sempre stata costellata dal disagio di non essere, per debolezza di carattere, capace di inserirmi e/o ambientarmi socialmente.
Per sentirmi parte di questa società ho fatto uso di droghe che hanno gettato nella spazzatura venti anni della mia vita. Ora mi sento in grado di costruirmi una vita vera, senza dover ricor-rere a droghe, alcol ecc. ecc., per essere accettato per quello che sono, con tutti i miei difetti e i pochi pregi. Potranno anche ridere di me, per il mio modo di essere.non mi interessano certi giudizi perché mi appagheranno solo quelle persone che mi accettano per quello che so-no. L'assurdo di tutto è che mi sono trovato a mio agio nell'essere me stesso perché ho tro-vato persone che mi hanno accettato, consigliato ed aiutato all'interno dell'O.P.G. (ndr: Ospedale Psichiatrico Giudiziario) di (.). Non mi è stato imposto di cambiare il mio modo di essere, la mia personalità, ma solamente di migliorarla, di non buttare più via la mia vita nella droga e nell'alcol.
Non ho dovuto subire ogni sorta di umiliazione e gli abusi psicologici che ho sperimentato nella comunità terapeutica dove sono stato in precedenza. Con questo non voglio certo affer-mare che tutte le comunità terapeutiche per tossicodipendenti applichino le stesse formule di trattamento. Voglio essere ancora fiducioso in queste strutture.
Infatti ho accettato di andare in un'altra comunità terapeutica a doppia diagnosi. Ma se mi si presenterà di nuovo la stessa situazione della comunità dove sono stato in precedenza non esiterò a chiedere al Magistrato di Sorveglianza di farmi ritornare all'O.P.G. di (.).
Forse sbaglio, ma preferisco vivere in un mondo di "pazzi" che in un mondo di "sani" che ti fanno impazzire.
E, piano piano, morire dentro.
Filippo

***


Ci terrei ad esporre un problema che reputo il più urgente: l'ozio!
Il detenuto in carcere si rassegna nella "costretta" serenità del dolce far niente ed in queste situazioni è difficile che riaffiorino alla mente i pensieri negativi che questa condizione di sta-si alimenta o produce.
La possibilità di un lavoro, oltre che permettere l'acquisto di prodotti di primaria necessità, toglierebbe il soggetto da tale condizione dandogli nuovi stimoli e dunque una nuova identità. Può accadere che persone che non hanno mai lavorato in vita loro con l'impegno lavorativo riscoprano nuove emozioni da portare avanti in futuro e di conseguenza chiudano con il pas-sato, con tutte le sue delusioni, paure, traumi. Come accade che quello ingegnoso e volentero-so soffra doppiamente in questa condizione amorfa, poiché pur con tutta la sua buona volontà non trova sbocchi o consolidamento in alcun luogo!
In entrambi i casi il detenuto non sarebbe più "natura morta" ma una forza lavoro che paga i contributi e si mantiene da solo senza gravare su società e familiari.
Ci sono all'interno di queste strutture persone che per una degenerazione personale hanno commesso reati anche gravi, ma che non hanno nulla a che vedere con il crimine o la seppur minima intenzione a delinquere perché sono persone che hanno sempre lavorato e condotto una vita socialmente onesta. Quando arrivano qua sono costretti ad indossare un abito che non è il loro, perciò smettiamola di vedere il carcere come luogo di persone mentalmente distorte, mafiose e pericolose, o semplicemente il non luogo ed instauriamo un rapporto innovativo.
Per ogni persona comunque che ha intenzione di cambiare ci dovrebbe essere la seppur mi-nima possibilità di non vivere nell'ozio in quanto non sicuramente rieducativo, ma quale lavo-ro per il detenuto? Un cittadino per il fatto di essere rinchiuso in una prigione non perde le sue capacità professionali ed ha particolari attitudini che non sono sempre negative o antisociali.
In questo carcere, le sole attività lavorative sono quelle di servizio o di manutenzione per conto dell'amministrazione. E sono generalmente accettate per bisogno o per dimostrazione di buona condotta. Relativamente sarebbe facile impiantare un lavoro di montaggio per un'azienda che voglia comunque superare le innumerevoli difficoltà burocratiche, causa una lievitazione dei prezzi. Meglio sarebbe l'utilizzo ed il miglioramento della professionalità esi-stente per una produzione il cui valore non sia solo quello del prezzo, ma anche qualità, de-sign, puntualità e gestione.
Un lavoro artigianale migliora il rapporto con la società civile.
Per questo ci rivolgiamo ai numerosi artigiani che vogliano prendere in considerazione la nostra disponibilità, superando i comprensibili pregiudizi formatisi per mancanza di comuni-cazione, sperando che quest'appello sia letto da più persone possibili ma specialmente da per-sone "di buona volontà" che non abbiano il paraocchi sempre a portata di mano.
Mauro


***



Il mio primo pensiero è: fra quanto uscirò? Poi pensi a quando sei entrato, e pensi a nascon-dere le tue debolezze perché se vengono manifestate, gli altri potrebbero approfittare e non ti considererebbero. Quindi, certi pensieri devono rimanere segreti.
Roberto


***



Credo di pensarla superficialmente: uno commette un reato e paga.
E' un problema di adattamento. Penso soprattutto a quello che potrei fare a casa. Alcune volte vedo nero, altre limpido: quando vedo nero penso ad "uscire fuori" e quando vedo chia-ro ne sono fuori e penso alla vita e al futuro.
Alessandro


***



Penso alla mia famiglia: mi manca. Poi penso ai motivi per cui sono qua. A quanto tempo devo rimanerci. Penso qualche volta pure di morire.
Pasquale


***



Quando sono in cella da solo mi annoio e penso alla "compagnia", mi annoio a guardare la televisione e ascolto la musica sempre di più. Quando sento la musica penso di essere "fuori" in una discoteca a ballare.
Giovanni


***


Io penso che voglio andare a casa! Sempre. Penso al giorno del processo con molta ansia; penso ai giorni quando ero fuori e al lavoro. Devo trovarmi un lavoro.
Gianni


***



Penso di andarmene a casa e a come mettermi d'accordo con l'avvocato per la pratica per uscire il più presto possibile. Questo è il pensiero di tutti quanti. Penso alla mia esperienza e a comportarmi bene per non peggiorare la situazione.
Luigino


***



Quando sono in cella, penso a non "perdere colpi" nel tram-tram quotidiano: spesa, terapia, ecc.. E poi alle cose che veniamo a sapere tramite i Media, che sono molto più grandi della nostra realtà qui a (.).
Nei cinque minuti in cui si pensa alla famiglia e a ciò che verrà, spero.
Dario


***



Penso a mia madre e a mio padre. Ho un grande amore per loro e per i miei fratelli. Penso al passato, che non rifarei mai più quello che ho fatto e penso alla campagna che ho lasciato e alle cose che tenevo a cuore: la saldatrice e la motosega!
Raniero


***



Quando sono da solo il mio pensiero rimane perplesso dalle circostanze dell'ambiente e va nel culmine della mia disperazione contenendomi in un equilibrio psicofisico controllando me stesso, raggiungendo così l'obiettivo di trattenere la mia depressione, le mie apatie, la mia so-litudine.
Aldo


***



Pensieri brutti. Pensieri del passato. Tento di capire il passato e sto male. Mi piacerebbe pensare a cose belle come a UFO, Spazio 1999 e Sandokan perché mi ricordano i bei tempi che ho vissuto, anni '60 e '70, perché in quegli anni stavo benissimo. Qualche volta ci riesco.
Edoardo, nome fittizio


***



Non ho pensieri perché sono sempre impegnato a leggere e la televisione mi distrae. Cucino, mi preparo la roba, mi rimane soltanto il pensiero del lavoro quando uscirò. Alle altre cose cerco di non pensare.
Roberto


***




O.P.G., o regno dei caffeinomani.
C'è chi lavora, chi mangia, chi studia e chi legge o scrive: c'è persino chi dipinge.
C'è di tutto qui dentro, ma tranne quei pochi che si salvano con armi proprie, siamo tutti preda dello stesso destino e afflitti dallo stesso dilemma: il vitto.
Obbligati e sfamati dagli psicofarmaci, ingurgitiamo tutto ciò di più stomachevole che mai vidi in una mensa. Vanno forse di moda pomodori e piselli? Non sembra.
E i cucinieri lo fanno apposta per farci soffrire o sono costretti con le frustate a dare questa roba ai loro simili? E' da poco che sono qui ed ho messo su dieci chilogrammi mangiando quasi niente. E' cibo magico, forse, vita passiva o il gonfiore degli psicofarmaci?
Ma certo, siamo talmente utili alla società che ci fanno ingrassare per poi affettarci e spedir-ci nelle macellerie a sostituire la mucca pazza.
Ora ho capito! Bastava chiederlo!
Antonino


***



Qualche tempo addietro scrissi alcune riflessioni sul carcere, sostenendo che esso è sempre più costretto a vivere del suo, è sempre più "obbligato" a mancare alle auspicate attese della collettività, nell'impossibilità quindi di partorire giustizia e speranza. Scrissi dei tanti suicidi e dei troppi silenzi. Ricordo che fui accusato di falsare i dati, di stravolgere la realtà, di mistifi-care la verità. Fui indicato come uno scrittore che non sapeva dare conto della propria scrittu-ra, cioè del valore delle parole. Con sorpresa, alcuni giorni dopo, un grande giornale pubblicò un servizio che confermava le mie tesi, i suicidi in carcere sono effettivamente aumentati drammaticamente.
Soprattutto, ribadisco io, si è deteriorata quella solidarietà e partecipazione costruttiva tra il dentro e il fuori. Quel collante-riabilitante a fatica edificato negli ultimi anni. Solidarietà che non è un sentimento pietistico né parente lontana di un assistenzialismo passivo, bensì è un preciso interesse collettivo, affinché alla giusta condanna del colpevole si affianchi quella prevenzione-accompagnamento che consente di combattere la recidiva dilagante. Nel silenzio e nell'indifferenza colpevole, spesso mi sono chiesto qual è il volto nascosto dietro le righe di una notizia. Qual è il volto e la storia dell'ultimo uomo scivolato in "SCACCO MATTO" in un carcere. Quanto quest'ennesimo suicidio risarcisce in termini di umanità, al di là della me-ra notizia?
Per quanto concerne il carcere penso che non tutto ciò che accade nell'ambiente penitenzia-rio è arbitrario, illegale, ingiusto, forse è solo il risultato del nulla prodotto, appunto, per man-canza di un preciso interesse collettivo o meglio della sua comprensione sensibile.
Perciò a nulla vale il nuovo Ordinamento Penitenziario, il rafforzamento degli Agenti di Polizia Penitenziaria, e di contro la negazione di ogni pietà attraverso la concessione di un in-dulto o di una amnistia.
Se non interverrà un vero ripensamento-intervento culturale, c'è il rischio di precipitare all'indietro: in una proiezione dell'ombra che non accetta né consente spazi di ravvedimento. Non è il caso di avvitarsi nel pessimismo, di arrendersi non se ne parla, perché come ha detto Don Franco Tassone, responsabile della Comunità "Casa del Giovane" di Pavia: "occorre vin-cere l'ultima battaglia". Infatti sono convinto che anche fra le mura di un carcere ci sono uo-mini consapevoli dell'esistenza di leggi morali, oltre che scritte.
Ci sono uomini che possono riconoscere le leggi dell'armonia sociale, quelle leggi che ad un certo punto si è pensato di poter dimenticare. Però penso anche a quell'uomo, l'ultimo della serie che s'è impiccato.
A quel volto, a quel cappio al collo, e intravedo l'importanza di demolire i ghetti mentali, di per sé espressione di quello spirito umano.spesso incatenato. Penso allora a questa vita, che è tutta da vivere sempre e comunque, proprio perché è un'avventura incerta, e incerta significa che si patisce, si soffre, si cade, e si arriva alla coscienza della poca conoscenza, dei tanti mo-tivi che sfuggono. Non conosco il volto strozzato in quel carcere, ma comprendo la difficoltà dell'accettazione del dolore, il che in una parola sottenderebbe assenza di saggezza. So bene quant'è difficile agguantarne l'orma, e quanto a volte ciò sembri lontano, sebbene così straor-dinariamente vicino, al punto da non vederne neppure l'ombra. In un carcere è difficile perfo-rare quella superficialità che è corazza a difesa, il "muro di niente" contro cui cozziamo e mo-riamo.
E' davvero difficile raggiungere quella falda profonda a nome interiorità, navigando tra anse e anfratti, scogli e derive per arrivare a quell'essenza che può dirci di cosa siamo capaci, e ad-dirittura svelarci il significato da dare alla vita.
Qualcuno ben più illuminato di me ha detto che, forse, il significato della vita, propriamen-te, non va cercato: dobbiamo solo aiutarlo a rivelarsi e quindi accoglierlo. Fuggire da noi stes-si, dalla realtà stretta di una cella, annullando il significato della propria esistenza, non giusti-fica la colpa, né le ragioni che ci inducono a farla finita.
Tanto meno indurrà la società a chiedersi se questo ultimo gesto è lecito, e se è morale. An-cor meno spingerà a domandarsi se per caso Dio non sia morto proprio dentro la cella di un carcere, ipocritamente descritto come un luogo di speranza, mentre permane un luogo di morte. Forse sarebbe il caso di ripensare davvero alla possibilità di un carcere a misura di uo-mo, anche dell'ultimo degli uomini.
Di come il detenuto, oltre alla propria condanna, sconti una ulteriore sanzione, quella di mo-rire a tempo determinato.
Perché in carcere, oltre alle ben note etichette, stigmatizzazioni e umiliazioni, va di moda la flessibilità, non quella del lavoro né della pena: umana, dignitosa, condivisa. Si tratta di fles-sibilità nel risolvere i problemi endemici che soffocano l'Amministrazione Penitenziaria, la quale pare muoversi come la nostra evoluta società, che cresce, si educa, si realizza pari passo con l'imbarbarimento dei sentimenti e dei valori, scambiati per medaglie e successi da conse-guire a tutti i costi.
Io sono un detenuto, lo sono da trent'anni.
Scrivo, leggo, lavoro, ascolto e penso, ho gratitudine sincera per chi mi ha aiutato ad essere ciò che sono oggi, sono consapevole delle difficoltà in cui vive il carcere, e ancor di più quelle in cui sopravvive l'uomo detenuto. Sono conscio che le utopie, la pietistica, fanno solo male a entrambi.
E' urgente smetterla con le solite frasi fatte, luoghi comuni, e fredde didascalie. In carcere non si muore solamente per le strutture vecchie e malandate, né per l'assenza cronica di Ope-ratori.
In galera ci si perde per sempre, perché è un luogo separato davvero, da una società che cor-re all'impazzata al supermercato delle suggestioni, degli ideali venduti a buon prezzo, della fede che non è amore che libera, ma fatica di pochi momenti.
In carcere è morto un altro uomo?
I mass-media hanno sparato a zero sul sistema, hanno detto che si è suicidato per l'invivibilità della prigione, per il peso del proprio reato, per la solitudine imposta.Ma ecco che le parole assumono la cantilena di un nuovo e altrettanto inaccettabile epitaffio, perché anche negli Istituti di più recente costruzione, dove ci sono pochi detenuti, più operatori, e spazi di vivibilità umana in abbondanza, un altro detenuto si è tolto la vita.
Non c'è bisogno di richiamare per forza una fratellanza allargata, di ripetere "mio Dio.", penso piuttosto che occorre ritornare a una coerenza che non è spendibile con le sole parole. Una coerenza che riporta al centro l'essere umano, con l'attenzione vera per chi subisce il dolore dell'offesa tragica, e con l'attenzione sensibile che non è accudente, né giustificante, ma un preciso interesse collettivo, affinché l'uomo possa migliorare e trasformarsi. Bisogna bandire le ciance, e chiamare per nome le mancanze, le assenze, gli incitamenti che inducono a non pensare a chi cade, ma spronano a seguire chi ben cammina.poco importa se calpe-stando si arranca. Eppure non tutto viene per nuocere, infatti questa epidemia di suicidi e di numeri a scalare forse risolveranno il problema asfissiante del sovraffollamento e, perché no, anche quello della spesa pubblica: e per mantenerne uno in meno, e per non costruire altri pe-nitenziari.
Pardon, "molok" nelle nebbie transilvane.
Vincenzo Andraous

Ergastolano, scrittore, poeta, saggista pluripremiato per il suo impegno a favore dei giovani, e non solo, anche dalle cariche più alte dello Stato; carcere di Pavia e Tutor della Comunità "Casa del Giovane" di Pavia.

Ndr: nell'introduzione ho scritto, e anche nel titolo di questo libro, che lo scopo dello stesso è il cercar di "dare voce a chi non ce l'ha", o non l'ha mai avuta pubblicamente. Tuttavia, in questo caso specifico, e in altri similari a venire nelle prossime pagine, ho ritenuto impor-tante la pubblicazione di questo articolo di Vincenzo Andraous poiché tratta un tema molto scottante e purtroppo sempre attuale, e quasi mai pubblicizzato, quale quello dei suicidi in carcere.





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Ciao cari amici di AMI.CA., siamo qui per dar voce a varie testimonianze raccolte nelle se-zioni. L'argomento in questione è la grande difficoltà che a volte s'incontra a causa di inci-denti di percorso nei quali si può incorrere, dal punto di vista dei rapporti (ndr: disciplinari).
Parlando con alcuni detenuti è emerso che se uno viene arrestato per la prima volta ed ha commesso un reato, entra in questi posti e può accadere che venga trattato come non immagi-nava che uomini potessero essere trattati (perché purtroppo il carcere non è un albergo, ma è un carcere).
Accade anche che si subiscano delle ingiustizie in alcuni casi anche passibili di denuncia, ma in carcere ci dobbiamo vivere, e quindi le denunce da parte dei detenuti sovente per motivi di opportunità non vengono fatte, anche quando ci sarebbero gli estremi.
Invece le denunce contro altri detenuti sono all'ordine del giorno.
Una persona, ad esempio, anche se nella vita ha sempre lavorato ma ha commesso uno sba-glio e viene a trovarsi qui, può prendere un rapporto solo perché ha 10 o 11 litri di latte o per-ché ha un paio di scarpe in più in cella, o perché ha lo spioncino del bagno chiuso (visto che magari sta facendo i propri bisogni), oppure sta fumando una sigaretta dove non dovrebbe. Sono molti i casi in cui si può facilmente prendere un rapporto che di norma viene a costarti 45 giorni di galera in più, per mancata concessione dei giorni per la liberazione anticipata.
Diventa poi quasi normale che quando uno esce di galera dentro di sé non abbia altro che rabbia, ed invece di andare a lavorare passi alle rapine di sangue, senza neanche pensarci due volte, perché in realtà in carcere si è incattivito, inasprito per quanto ha dovuto patire.
Qualcosa in tutto questo è sbagliato, c'è un errore di fondo se il luogo che dovrebbe farti ri-flettere sui tuoi errori, in realtà t'incattivisce, qualcosa non va in tutto questo. Naturalmente non è tutto così: in carcere si ha anche l'opportunità di studiare, di frequentare corsi, ma que-sta componente cattiva purtroppo è presente.
Ad esempio, un paio di mesi fa è venuta a mancare l'acqua per ben otto ore in tutto il peni-tenziario. Fin qui tutto normale, ma il fatto che non è stato dato nessun avviso di modo che potessero essere fatte delle scorte anche minime, ma necessarie per le cose più urgenti, magari non si è potuto fare, ma il problema era reale! Alcuni detenuti hanno fatto una protesta pacifi-ca rifiutandosi di rientrare nelle proprie celle: sappiamo benissimo che non è consentito ma se ci fosse stata un po' più di comprensione e se si fossero messi nei nostri panni avrebbero ca-pito cosa significhi passare l'estate chiusi dentro una cella, con i blindi chiusi, per lo più senza acqua e senza la possibilità se magari "scappava" un bisogno particolare.(non avendo acqua che fai? Un sacchettino volante? Dimostrando di non aver educazione né rispetto verso gli al-tri?).
E' capitato che un telegramma è stato consegnato all'una di notte ad un detenuto che stava dormendo, su questo si può fare nome e cognome.il telegramma, risultava dal timbro, era arrivato la mattina presto.
Cosa si deve dire? Questo, secondo il nostro modesto parere (e anche quello degli altri), è un agire negativo che riesce solo a tirar fuori la cattiveria di una persona, che magari non sa-peva neanche di avere. Questa, anche se per molti altri può sembrare irreale, è la realtà dei fatti.
Tutti sanno come vanno le cose qui dentro o per lo meno lo sanno e, o non possono fare niente o non gli importa di risolvere nulla. Ma grazie a Dio esistono ancora persone che in noi credono e ci concedono un'altra opportunità donandoci fiducia.
Giovanni & Nicola


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Da 12 anni sono in ambienti dei quali conosco gli anfratti, le ansie, i cambiamenti intercorsi: forse è addirittura irrappresentabile il carcere se non lo si tocca con mano. Eppure mi piace-rebbe significare un tragitto diverso, un cammino sul difficile, ma più vicino al reale.
Nonostante il carcere ci stia facendo diventare delle larve, in quanto inumano, non ci rasse-gniamo ad essere oggetti. Questa mia riflessione vuole constatare che, nonostante la mia con-dizione di detenuto, mi ritengo comunque parte di un insieme in quanto sono vivo, poiché faccio parte di una collettività e senza di questa io stesso non sarei più una persona di questa civiltà che mi circonda, quindi non sarei più la stessa persona.
Affrontare il cambiamento è una sfida: per l'amministrazione penitenziaria, per il detenuto e per l'intera società.
Se il carcere infatti resterà tale o scivolerà in un sistema chiuso totalmente, esso non riuscirà a gestire i problemi di un continuo e repentino cambiamento, e dell'aggiornamento relativo, e certamente si piegherà su sé stesso. Se invece diverrà un sistema di detenzione aperto ai nuovi ideali, è possibile allora che diverrà anche luogo di testimonianza.
Alfredo


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Mi chiamo Stefano e sono del segno del Sagittario. Ho sempre sognato di tornare negli Stati Uniti dove sono nato il (.), credo. Dico credo perché poi da piccolo mi hanno portato in Ita-lia. Ma mi è sempre rimasto un input americano, di libertà, amore sincero e giustizia. Ora so-no qui proprio perché non capisco l'Italia. Reati gravi non ne ho mai commessi.
Sì, ho commesso dei reati ma sono stati causati da droghe che mi hanno dato a Milano. Ma io amo solo Catania e Firenze (.). Ora mi chiedo: perché non lasciarmi andare in U.S.A. con la mia ragazza di nome Caroline (.)?
Forse è stata una setta satanica di Torino e Milano. Comunque io ricordo con nostalgia la mia felicità di bambino e la mia malinconia quando non avrei mai immaginato di finire nei manicomi. Basta. Ho pagato più di quanto dovevo pagare.
Eppure sono un giusto. O forse no. Però ho sempre detto la verità.
Ora voglio solo una cosa, anzi due: 1°, avere asilo in U.S.A.; 2°, disintossicarmi e poi tutto andrà bene e potrò ancora una volta sognare pianeti felici e di volare e di essere invisibile.
Stefano


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INCONTRANDO

Ho incontrato un cieco per la strada,
e sorridendo mi ha chiesto come era fatto il mare.
Ed io sorridendo gliel'ho spiegato.
Sempre sorridendo mi ha chiesto com'era fatto il cielo.
Ed io sorridendo gliel'ho spiegato.
Sempre sorridendo mi ha chiesto com'era fatto il mondo.
Ed io piangendo me lo sono inventato.
Inviata da Roberto



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Cari amici,
vi elenco un po' di cose che qui non vanno: si vive in celle super affollate, in 5/6 persone su celle di 20 mq. dove devi soggiornare 20 ore al giorno; l'aria è poca per le persone che ci vi-vono. Non ci sono campi sportivi e neanche un'area verde. Quando si va all'ora d'aria siamo immersi tra edifici quindi entra anche poco sole. Le finestre delle celle sono alte circa un me-tro e mezzo con doppia griglia e rete metallica e impediscono alla luce di entrare: in cella c'è un solo neon che non riesce ad illuminarla tutta.
Le docce sono fatiscenti, vecchie, senza aspiratori e sporche! I pentoloni dove si porta il vitto non possono essere inseriti negli scaldavivande perché qui ci sono ancora le scale e non ci sono montacarichi per portare i carrelli come nelle carceri più moderne. I colloqui sono an-cora col bancone, che impedisce di abbracciare una persona, quando ormai in tutti i carceri sono stati messi dei tavolini.
Quindi, rispetto alla riforma del D.P.R. 230 del Giugno 2000, qui non si è vista ancora nes-suna miglioria, anzi è stata anche chiusa la lavanderia. Quindi, dopo aver tolto un posto di la-voro, non si sa più come lavorare.
Le lenzuola vengono date ad un'impresa esterna, per fortuna!
Una cosa che funziona è la cosiddetta "domandina", cioè il poter acquistare dei beni al di fuori del carcere: solo che 1 kg. di peperoni costa 5 euro, 1 kg. di pomodori altri 5 euro!
Che prezzi! Qui ci fanno l'estorsione!
Devo dire anche che il blindo è sempre chiuso e ti par di essere in un frigorifero! Io sono stato a (.), (.), (.), (.) e questo carcere, insieme a quello di (.) è il peggiore mai visto. Comunque sono cose risapute, potete informarvi voi stessi anche tramite altre persone.
Gianni


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Mi chiamo A.M., sono nato a (.) il (.). Mio padre è morto di tumore cinque anni fa; mia sorella è sposata e ha due bambini. Io sono quasi sempre vissuto con mia madre, fino a quan-do, la notte del (.) 1999, qualcuno si è introdotto nella nostra casa e l'ha uccisa mentre io dormivo. Ho scoperto il cadavere la mattina seguente. Ho subito chiamato la polizia e l'ospe-dale. Mi hanno incolpato come se mi avessero visto mentre la uccidevo. Mi hanno messo in galera. Poi è venuto un perito psichiatra che ha deciso che sono incapace di intendere e di vo-lere. La verità è che io ero sconvolto per tutto quello che stava succedendo. Il risultato è che da due mesi sono qui all'O.P.G. di (.). Mia sorella e gli altri parenti non vogliono sapere più niente di me.
A.M.


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Alle ore 15 del (.) si è suicidato nel carcere di (.) un detenuto che era arrivato lì da non molto: stava in una carrozzella, gli avevano tolto anche la televisione, aveva il blindato chiuso 24 ore su 24 e le uniche "visite" che riceveva erano quelle dell'infermiere che gli misurava la pressione. Non si sanno le sue vicende processuali e nemmeno chi scrive lo conosceva di per-sona: non si sanno i motivi, né si sanno mai a fondo i motivi di un suicidio.
Si è fatto la "corda" annodando più calzini, ha legato un'estremità alle sbarre della finestra della cella e l'altra al collo: poi, non potendo utilizzare le gambe, si è fatto scivolare giù dal letto.
Chi mi ha dato oggi la notizia, ancora sconvolto dall'accaduto, ha provato a fargli il massag-gio cardiaco, la respirazione bocca a bocca e intanto si chiamava il medico: il quale ha solo dovuto constatare il decesso avvenuto (aveva 46 anni).
Forse ne parlerà qualche giornale? Ne dubito fortemente: intanto ne parliamo noi.
Fonte: lettera privata del 25/01/2000


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Sprecone per definizione, lo Stato italiano almeno risparmia su una spesa: il cibo dei dete-nuti.
Nei mesi scorsi l'amministrazione penitenziaria ha "espletato le gare", per dirla in burocrate-se, per le forniture alle carceri, con risultati strabilianti. Come dimostrano alcuni casi.
La ditta Pastore ha vinto l'appalto per Regina Coeli (4 miliardi a base d'asta, ndr: di vecchie lire) con un ribasso del 50,26%.
La ditta Ventura, che negli ultimi 3 anni ha curiosamente un fatturato identico alla ditta Pa-store, si è invece aggiudicata Rebibbia (8,4 miliardi a base d'asta, ndr: di vecchie lire) con un ribasso del 54%.
Sapete cosa significa? Colazione, pranzo e cena di ogni detenuto di Regina Coeli costeranno allo Stato appena 2.733 lire al giorno, contro le 5.515 messe in preventivo (e che già potevano sembrare una cifra irrisoria).
A Rebibbia il risparmio sarà ancora maggiore.
Assicurare, come da regolamento, 2.400 chilocalorie al giorno a ogni carcerato costerà ai cittadini appena 2.533 lire. Un cappuccino al bar.
Sembra incredibile, eppure c'è una spiegazione: l'ha data il ministro della Giustizia Oliviero Diliberto alla Camera (ex ministro, ndr. de "La Grande Promessa", rivista mensile del carce-re di Porto Azzurro - LI). Le ditte che vincono le gare per il vitto ai detenuti si aggiudicano anche il servizio del cosiddetto sopravvitto. Cioè possono vendere liberamente all'interno delle carceri generi alimentari e non, ai prezzi di mercato. Questo giro d'affari vale 300 mi-liardi l'anno, di cui la metà a carico dello Stato, contro i 140 del rancio. Domanda al ministro: non sarà che più il pasto è scadente, più incassa lo spaccio?
Sergio Rizzo, Il Mondo: tratto da "La Grande Promessa", n. 588/589, Maggio-Giugno 2000


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BENVENUTI A TAVOLA: la risposta di un nostro amico detenuto.
Forse, dico forse, ci sono domande per cui non si avrà mai una risposta.Ma comunque non è ancora proibito interrogarsi sui miracoli che continuano a verificarsi in Italia, inclusa la spiegazione, che invero sembra più una triste ammissione, fornita dal ministro della Giustizia (ex, ndr.), in merito al meccanismo del vitto e sopravvitto nelle carceri italiane, e riportata nell'articolo precedente dal giornalista Sergio Rizzo, a cui vanno i nostri più sentiti ringrazia-menti per l'ammirevole iniziativa, e confidiamo nella sua comprensione se non possiamo co-rollare il nostro apprezzamento con un invito a pranzo nei suoi confronti, siamo certi che non si riterrà del tutto offeso.
Purtroppo, la novità non è affatto assoluta: citando solo gli episodi più recenti che mi ven-gono in mente senza consultare gli archivi di redazione, periodicamente la nostra rivista si of-fre portavoce di questa carenza vittuaria e dell'irrisorio rapporto quantità/qualità elargito, o meglio, elemosinato; ad esempio, con articoli pubblicati sui numeri della Grande Promessa di Marzo, Aprile e Ottobre 1998, del Febbraio 1999 e via via fino adesso, ma anche con perples-sità più autorevoli di quelle dei detenuti stessi, come l'editoriale del Gennaio 1999 scritto dal dottor Domenico Nucci, allora direttore di questo Istituto.e quindi si può facilmente evince-re che non si tratta soltanto di semplici lamentele di parte, ma di uno status quo che purtroppo continua a permanere, e chissà per quanto ancora rimarrà tale. L'unica cosa certa fino adesso è che, in un modo o nell'altro, tutti continuano a mangiare qualcosa che non è la loro.
Siamo sempre meno in Europa, ma in Italia funziona così: c'è chi mangia sui soldi dei con-tribuenti, di quelli dello Stato e di quelli dei detenuti.
Che rimangono gli unici a mangiarsi qualcosa di proprio: sì, il proprio fegato!
Antonio


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Il (.) Marzo (.) sono uscito dal carcere per incompatibilità col regime carcerario, a causa della mia sieropositività.
Da quella data sino alla fine di Aprile il Magistrato di Sorveglianza mi ha dato gli arresti in ospedale per controllare ed assicurarsi sulle mie condizioni di salute: il (.) Maggio mi arriva la scarcerazione in quanto avevo i CD4 a 89, valori ematologici e di cellule molto bassi, sotto la soglia dei 100 (ndr: soglia in cui, come previsto dalla legge, scatterebbe il "pericolo di vi-ta" o per lo meno una situazione fisica assolutamente incompatibile con la detenzione carce-raria).
Sono rimasto a casa sino al (.) Giugno, giorno in cui il Magistrato ha rispiccato il mandato di cattura nei miei confronti per un definitivo del (ndr: anno), condannato con altri 17 mesi di reclusione. Inoltre, avendo appurato che fisicamente mi ero ripreso e che i CD4 erano risaliti ha deciso di farmi nuovamente "idoneo" al carcere: dovevate vedermi quando sono uscito, pe-savo 43 kg. rispetto ai miei 73 abituali. uno scheletro.
Poi, con gli arresti in ospedale, tra flebo e punture ricostituenti, mi hanno rimesso un po' in sesto. Pronto per ritornare in carcere.
Anonimo


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Presso il carcere romano di Rebibbia, in data 06/12/99, è deceduta una detenuta per cause che non sono state immediatamente rese note.
La detenuta in questione si chiamava Barbara Medici, aveva 28 anni (originaria di Acilia), era stata condannata a una pena definitiva di anni uno e aveva ottenuto la possibilità di entrare nella Comunità per tossicodipendenti di Anguillara: stava quindi attendendo di lasciare il car-cere.
L'ultima volta che è stata vista viva dai propri familiari, Giovedì 2 Dicembre, stava bene ed era felice e serena per la sua prossima scarcerazione. Invece, il Lunedì successivo è deceduta senza che sia stata divulgata alcuna notizia sulle cause della sua morte e senza aver dato alcun avviso ai familiari fino al giorno dopo.
Barbara è stata portata al Policlinico Umberto I° e pare che sia deceduta lì; all'arrivo dei fa-miliari non risultava registrata da nessuna parte e quindi, grazie all'intervento di un agente che ha consigliato loro di andare a vedere presso l'obitorio, hanno potuto avere notizie di lei.
Ma non è stato concesso loro di vedere il corpo.
Il Sabato successivo è stata effettuata l'autopsia e due giorni dopo, finalmente, dopo una settimana dal decesso, Barbara è stata vista dai familiari. Sulle cause della sua morte dal car-cere ancora non si hanno notizie, la direttrice Lucia Zainaghi era, ed è, tuttora assente, nessun funzionario è disposto a parlare su cosa sia accaduto a Barbara. L'unica cosa certa è che Bar-bara, morta il 6 Dicembre, è arrivata alle ore 15.50 del giorno dopo all'obitorio di medicina legale, provenendo dalla camera mortuaria del Policlinico. Barbara era tossicodipendente e aveva già scontato 3 mesi della pena inflitta, lascia un figlio in tenera età alle cure della so-rella Luciana, che non riesce a darsi pace: "Mia sorella stava bene ed era contenta perché le avevano concesso gli arresti domiciliari e a Natale sarebbe tornata a casa dal suo bambino. Non può essersi suicidata".
I parlamentari Paolo Cento e Angelo Bonelli, presidente della commissione per la lotta alla criminalità e ai problemi carcerari della Regione Lazio, hanno presentato due interrogazioni parlamentari.
"E' necessaria l'immediata apertura di un'inchiesta della magistratura e del Ministro della Giustizia - spiega Cento - la situazione nei penitenziari di Roma è ormai insostenibile e la lista delle morti sospette si allunga ogni giorno."
Anche la morte di Barbara fa parte di una lunga serie di decessi che continuano ad accadere nelle carceri italiane, senza che sia mai stata accertata e dichiarata alcuna responsabilità, senza che nessun provvedimento serio di tipo preventivo sia stato preso. Al di là dell'effettiva ed eventuale responsabilità diretta, nella morte di Barbara e di tanti altri come lei, di qualche agente o operatore di istituto, sicuramente possiamo rilevare che inopinabilmente gli Istituti non sono solleciti a comunicare ai familiari l'accaduto - e questa è una mancanza di rispetto enorme verso la vita umana - né ad intervenire in maniera tempestiva davanti a situazioni che presentano chiaramente segni di pericolo per la vita dei detenuti e degli internati.
Ma non solo, dopo certi fatti si crea una congiura del silenzio che farebbe invidia a qualsiasi organizzazione criminale.
Cosa è successo nelle ore precedenti alla morte di Barbara?
La giovane è arrivata viva o morta al policlinico? E' stata trasportata da un'ambulanza o da una macchina di servizio dell'Istituto?
E da chi? Di che cosa è morta? Perché non è stata avvisata la famiglia?
Non ci resta che augurarci che a questi, e ad altri interrogativi, qualcuno abbia l'accortezza di rispondere e di additare i responsabili dell'accaduto.
Antonio & Santiago, tratto da "La G.P.", ibidem


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"Che tutti siamo uno" è tanto vero quanto il detto che "A la Madonna de Agosto se rinfresca il bosco".
Questa calda estate sta volgendo al termine e noi detenuti, in un sospiro di 57.000 persone, potremmo dire: "Finalmente si ritorna a respirare in queste celle che il caldo estivo ha tra-sformato in forni a microonde".
Certo, questo non è un problema che si pongono coloro che sono al Governo e che ti capita di vedere nei ciack televisivi in vacanza in Costa Smeralda, o alle Isole Cayman come il lea-der Silvio Berlusconi, o come il ministro di Grazia e Giustizia che per. solidarietà è andato, per così dire, in vacanza alla Gorgona (isola carcere)!
Perché non è venuto qui in vacanza al carcere di (.) dove alle otto di sera le sbarre sono così roventi che ci puoi cucinare quel che vuoi a mò di graticola? E quanti carceri regalano queste sofferenze accessorie a chi, nelle patrie galere, sta espiando la propria pena, tra bronto-lii e rimpianti di un'altra estate persa?
Beh, vi devo salutare perché è giunta l'ora in cui devo spegnere la luce e accendere lo zam-pirone, che come l'aglio tiene lontano i vampiri (esistono, eccome se esistono, vedi alla voce "tasse"): tiene lontano le zanzare che qui sembrano state addestrate alla scuola degli Agenti di Polizia Penitenziaria, col preciso intento di tormentarci oltre che nell'animo, come già fa la privazione della libertà, anche nella carne.
Mariano


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PENSIERI DI UN DETENUTO
ALLA SUA ANIMA

Cara la mia anima,
tu mi conosci bene.
Insieme siamo cresciuti,
abbiamo sofferto e riso insieme,
siamo stati felici,
abbiamo pianto di gioia e di dolore:
oggi abbiamo sperato
che fosse un giorno felice.
Invece è sempre
la solita routine.
Michele


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E' doveroso che si sappiano anche queste "notizie".
Più che altro emerite VERGOGNE del sistema giudiziario italiano!

1. Kostantin Bocaj, Vito Nicola, Sicilia: arrestati con l'accusa di reati odiosi come la riduzione in schiavitù di un ragazzino di 12 anni, più tutti i reati collegati, sono stati riconosciuti inno-centi dal Gip di Brindisi Luigi Forleo. Secondo l'accusa, il bambino sarebbe stato strappato dalle braccia della madre in Albania, poi condotto in traghetto da un uomo e una donna che l'avrebbero venduto ai due accusati che lo usavano come schiavo per guardare le loro greggi. Come sempre i mass media si sono buttati sulla notizia come avvoltoi e i due tapini sono fini-ti, come mostri, sulle prime pagine. Non imparano mai la lezione e sarebbe il caso che chi su-bisce queste ingiustizie chieda i danni ai "pennivendoli" responsabili.
Fonte: Studio Aperto, 08/11/99

2. Mario Ignazio Lai: era stato arrestato per rapina e condannato a tre anni di carcere, ma la Corte di Appello di Cagliari lo ha riconosciuto innocente. In realtà si trattava di uno scippo tramutato in rapina. La povera donna lo aveva riconosciuto nelle foto segnaletiche e ne indi-cava l'età tra i 20 e 30 anni. Il Lai ne aveva 46. Per gli inquirenti era sufficiente per arrestarlo.
Fonte: L'unione Sarda, 10/11/99

3. Domenico Barba, Giulio Velluto: arrestati per l'omicidio del bigliettaio della stazione di Boscotrecase sono stati riconosciuti innocenti per "sopraggiunta insussistenza degli indizi". Il colpevole si sarebbe costituito e avrebbe successivamente fatto i nomi dei presunti complici. La domanda sorge spontanea, diceva qualcuno tempo fa: "E se il colpevole non si faceva avanti, quanta galera si dovevano fare da innocenti il Barba e il Velluto? Magari l'ergastolo?".
Fonte: Avvenire, 04/11/99

4. Antonio Fava: arrestato per traffico di droga, ha passato 98 giorni in carcere prima di venire assolto con formula piena. Naturalmente, come tanti altri ha perso il lavoro, gli amici, insom-ma i soliti disastri che nessuna giustizia potrà mai ripagare.
Fonte: RAI 2, "Racconti di vita", 06/11/99

5. Mario Frittita: frate della Kalsa, quartiere di Palermo, che venne arrestato e in manette tra-scinato alla gogna mediatica per favoreggiamento aggravato del latitante Pietro Aglieri, accu-sato dagli inquirenti di essere un mafioso. Il prete si professò innocente, nonostante l'ammis-sione di aver frequentato l'Aglieri su richiesta di quest'ultimo e di averlo fatto nell'ambito della sua professione di sacerdote pronto a rispondere al richiamo di uomini in cerca di con-versione e perdono (un buon prete dovrebbe farlo comunque anche senza essere sollecitato dall'interessato). La Chiesa di Palermo, i padri Carmelitani e tutto il quartiere hanno gioito e fatto festa per l'assoluzione. Noi della redazione ci associamo a tutti loro.
Fonte: Il Giornale, 06/11/99

6. Roberto Mazzotta: arrestato nell'inchiesta "Mani Pulite", fu portato a San Vittore, tenuto in isolamento senza neppure essere interrogato. Uscì dal carcere senza neppure conoscere il reato contestatogli. A distanza di anni è arrivata la sentenza che lo riconosce innocente.
Fonte: Il Giornale, 10/11/99

7. Mario Castellano: arrestato e discreditato; otterrà 10 milioni (ndr: di vecchie lire) di risar-cimento dopo essere stato riconosciuto innocente. Carriera bloccata e famiglia rovinata.
Fonte: Il Giornale 10/11/99

8. Un cittadino di origine croata: era stato arrestato per l'omicidio del parroco di Vernazza, don Emilio Gandolfo. Sottoposto a "pressanti interrogatori" e tutte le altre amenità che in ge-nere i "giornalisti-giornalai" adoperano per coprire ben altri metodi. Ma, nonostante le caratte-ristiche lombrosiane attribuitegli dagli inquirenti che ancora caratterizzano gran parte delle indagini, il croato brutto, sporco e cattivo è stato scarcerato in quanto innocente.
Fonte: Il Corriere della Sera, 07/12/99

9. Abusi sessuali: una intera famiglia accusata e in parte arrestata per ripetute violenze carnali su una loro figlia tredicenne e su una sua cuginetta. Nel processo di primo grado era stato condannato il padre L.S., a 13 anni di carcere e con lui altri quattro familiari a pene varie. Un padre, una madre, due fratelli e un cugino, sbattuti in carcere e diffamati socialmente. Dipinti come mostri dai soliti mass media e alla fine del processo di secondo grado, davanti alla Corte d'Appello di Milano sono stati assolti "perchè il fatto non sussiste". L'avvocato Guido Bompa-rola, legale della famiglia, ha denunciato il p.m. Pietro Forno alla procura di Brescia. A Mila-no, il p.m. in questione quasi sempre titolare delle inchieste sulle violenze carnali ha, al suo passivo, numerosi casi di persone che dopo essere state da lui inquisite sono poi risultate in-nocenti.
Fonte: Il Corriere della Sera, 11/12/99

10. Sonia Franceschi: accusata insieme al fidanzato dell'omicidio dei nonni di lui, la ragazza ha passato 17 giorni in carcere con questa grave accusa. Fortunatamente per lei numerosi ra-gazzi fin dall'inizio delle indagini, hanno testimoniato la sua presenza, al momento dell'omici-dio, in una sala giochi, dove la ragazza aveva lasciato una traccia del suo passaggio, essendo titolare di un alto punteggio a uno di questi videogiochi. E poi dicono che il computer fa male.
Fonte: TG 4, 15/12/99
(a cura di Antonio, La "Grande Promessa", ibidem)


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vinima
view post Posted on 14/1/2005, 00:53





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Anche il Santo Natale è passato e sinceramente non mi dispiace: il giorno 21 sono stato in permesso ed ho visto delle cose non molto belle.
Tutti si affannavano a spendere soldi con una facilità preoccupante.
Ho avuto l'impressione di una pazzia generale e che nella vita contava soltanto comprare la cosa più costosa, alla faccia di chi è povero e disagiato. Dovevo tornare in permesso il giorno 24 ma ho rinunciato perché queste cose non mi piacciono e mi deprimo perché non capisco il CONSUMISMO SFRENATO.
Aldo


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Se c'è qualche persona che vuole corrispondere con me ne sarei molto lieto, ma dovete sem-pre dire di farlo in stampatello o con la macchina da scrivere perché ho imparato a leggere da poco.
Non faccio colloqui e non mi scrive nessuno, sono qui da (.) mesi, mi sono guadagnato i giorni di buona condotta, 6 mesi (ndr: di liberazione anticipata). Ho scritto una barzelletta per voi e spero che vi piacerà.
"Viaggio di nozze in Terra Santa":
"Di comune accordo la mia sposa ed io siamo stati in viaggio di nozze in Terra Santa, era-vamo sulle sponde del fiume Giordano e dovevamo attraversarlo. Per andare dall'altra parte notammo un uomo con la zattera addetto a questo. Fui io a chiamarlo e gli dissi che doveva-mo attraversare il fiume.
Quell'uomo pretendeva che gli pagassimo 2 milioni per attraversarlo da una parte all'altra!
Lo prendemmo per matto e quell'uomo ci disse:
"Ma sapete voi chi ha attraversato questo fiume a piedi?"
Gli risposi: "Chi, di così importante?!"
Rispose: "Nostro Signore!"
E io replicai: "Per forza che l'ha attraversato a piedi: con questi prezzi!".
Salvatore

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Tanto per sorridere.
(inviate da un amico detenuto)

Corrispondenza da Firenze:
Furto in una fabbrica di rotoloni Smattex.
Proprio a poche decine di metri dal Tribunale di Firenze, i ladri hanno svaligiato una fabbri-ca di rotoloni Smattex. I ladri però sono stati subito acciuffati.
Il camion con la refurtiva era atteso all'esterno da Volanti e Gazzelle dei Carabinieri. Appe-na usciti dallo stabilimento le forze dell'ordine hanno speronato il camion facendolo capottare. La merce rubata è caduta dal veicolo ed è andata a finire nel cortile interno del Tribunale co-me una marea di coriandoli. Ma il fatto non aggrava la posizione dei ladri perché là dentro già tutto andava a rotoli!

Corrispondenza da Montelupo:
Terminata la lunga latitanza di "Mucca Pazza".
I Carabinieri l'hanno scovata stamani all'alba nella campagna intorno a Montelupo Fiorenti-no. E' stata riconosciuta grazie ad una vecchia foto segnaletica recuperata nell'archivio della Vimmenthal. Dopo i riti di accertamento è stata subito tradotta all'O.P.G. di quella cittadina. Ma all'ingresso i Carabinieri hanno avuto dei problemi e si è corso il rischio che la dovessero riportare indietro. Il fatto è che in quell'Istituto non ci sono stalle, ma celle. Il comandante si domandava infatti:
"Ma come faranno con la puzza?" A quel punto la mucca ha parlato: "Non fa niente, alla puzza mi ci abituerò.".

Corrispondenza da Napoli:
Audace furto.
Una banda di ladri ha rubato questa notte tutti i lampioni di via Medina. Non contenti, si so-no poi introdotti in Questura ed hanno rubato tutte le lampadine e i neon. Hanno preso anche il famigerato faro accecante che viene puntato negli occhi degli arrestati con la fatidica frase: "Confessa, chi è stato?" La polizia adesso brancola nel buio.
Poeta "pazzo"


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A tutti i detenuti agli arresti domiciliari: miei cari, chi vi scrive è un vostro compagno di sventura che non ha la fortuna di essere agli arresti domiciliari. Inizio col dirvi che non vi vo-glio insegnare niente: il mio è, più che altro, un consiglio d'amico.
Dato che avete questa fortuna, sappiatevela tenere stretta. Vi dico solo di non uscire, e di pensare a quanto si sta male chiusi dietro le sbarre.
Capisco pure che potete avere problemi finanziari, ma dovete pensare che, anche se a casa, siete in galera, col privilegio di potervi godere i vostri cari.
E un colpo di testa vostra arrecherebbe ulteriori sofferenze alla vostra famiglia, e in modo indiretto, arrecherebbe danno ad altre persone che si trovano nelle disgrazie come noi.
Il mio consiglio è quello di pregare tanto e di mettervi nelle mani del Signore quando vi vengono brutti pensieri.
Ora vi saluto con una stretta di mano, un vostro compagno di sventura.
Carmelo


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Ai Magistrati di Sorveglianza "virtuale": le estenuanti attese etichettate di burocrazia mi in-ducono a farmi e a farvi, nel dovuto rispetto, alcuni quesiti con l'augurio che non li troviate farneticanti.
Sorveglianza di chi? Dei detenuti, delle condotte, delle carceri e dei carcerieri? Dell'opera dei giudicanti che sono vostri colleghi?
E' pur vero che in ciascun caso emerge, anche in modo ormai incontrovertibile, il trionfo del male nell'aspetto più satanico. Questo è un inferno raramente illuminato dall'implacabile con-discendenza del sole.
Mi chiedo a cosa serve la sorveglianza? E' pur vero che il "mostro" della burocrazia costi-tuisce un deterrente anche per voi, ma non salva la vita degli innocenti caduti nella tragica trappola della giustizia.
Dei "Maurizio" senza colpa che periscono col bene placido dei regolamenti degli inferni che non riescono più a mantenere i contatti col sommo Iddio. E non mi dite che Dio è in ogni luo-go, perché mi chiederei se mai si trovi anche tra di voi, nei vostri uffici.
Sorvegliate, per favore, perché davvero c'è molto da sorvegliare in un inferno dove anime umane, come noi, periscono nell'ignominia inventata dagli uomini. Sorvegliate, per favore, anche sulle sentenze per le quali, se mancanti di equilibrio, esseri umani e intere famiglie si distruggono nei raggi dell'inferno.
Se questo è il Sistema, esso è anche il regno di Satana! Siete voi gli angeli che salvano gli innocenti, che confortano i colpevoli, che mitigano le atrocità di cui molti uomini sono capa-ci? Sorvegliando scoprirete che tutte le leggi superiori e prioritarie, qui sono arrogantemente disattese; leggi naturali e divine; leggi internazionali; leggi umanitarie, persino le locali leggi costituzionali. Sorvegliate per favore!
Maurizio


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In ricordo delle persone scomparse
(I° Dicembre 1999)
Vorremmo anche noi, come si fa ogni anno in tutto il mondo, esporre una coperta per ogni compagno che se n'è andato (e credeteci sono molti) perché ogni coperta ricorda un essere umano, con i suoi sogni, desideri e speranze e i suoi amori che purtroppo non ci sono più; ma sicuramente viaggiano insieme al suo spirito.
Perché la sofferenza che la vita gli ha riservato, ora, non gli può negare la serenità che gli è dovuta. Il ricordo è nostro, quello dei suoi amici, dei suoi familiari, compagni di viaggio di "lui" che ha sofferto non un giorno, ma mesi ed anni di dolori, discriminazioni, delusioni e sofferenze indescrivibili sulla croce delle malattie opportunistiche del corpo e della società che lo accoglieva.
Qui vogliamo ricordare alcune cose successe alcuni anni fa a piazza Navona: su quei diverbi irriverenti delle associazioni romane per l'AIDS, senza alcun rispetto per le migliaia e migliaia di vittime sacrificate sugli altari del potere. Sembrava di essere tornati al tempo in cui Borro-mini e Bernini si contendevano la fama e la gloria del Barocco romano.
La fontana del Bernini di fronte alla chiesa del Borromini!
Gli artisti sono morti, passati, sono rimaste solo le loro opere meravigliose e ormai chi si ri-corda della loro ricerca di gloria?
Questi ragazzi rimarranno per sempre nel nostro cuore mentre le associazioni "opportunisti-che" dell'AIDS passeranno come tutte le cose del mondo di impermanenza.
Grazie a voi che non ci siete più, al vostro esempio di sofferenza che ci ha permesso di di-stinguere quei pochi che danno amore da quei tanti che cercano la gloria, il denaro e il potere cavalcando il nostro dolore per interessi personali.
"Il Gruppo di Solidarietà", Rebibbia, Roma


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Mi trovo nel reparto di infermeria e da 6 mesi ho chiesto il reinserimento perché sono defi-nitivo ed ho espiato già 4 anni, più i giorni dell'anticipazione pena, e arrivo a 5.
Per diritto dovevano reinserirmi loro, ma non lo fanno anche dopo tante richieste da me inoltrate, scrivendo lettere al Direttore, al Comandante e avendo parlato di persona col Magi-strato di Sorveglianza.Ma non ho mai avuto risposta né tantomeno sono stato chiamato da qualcuno.
Poi ho scoperto che i "lavoranti" che ci sono qui in infermeria sono 4 ed in più sono tutti giudicabili (ndr: in attesa di giudizio), cioè possono essere messi in libertà dopo il processo e se ne vanno con i soldi in tasca. Io, invece, se esco, esco senza una lira in tasca, senza lavoro, senza casa e senza nulla.
Ho detto all'educatore, al cappellano, allo psicologo e a tanti altri: "Quando esco, io vado a fare una rapina e se mi prendono dirò che l'ho fatta perché il carcere mi ha insegnato questo". Senza un reinserimento come faccio a vivere nella società?
Ma loro mi hanno risposto che non dovevo dire così del carcere! Io, a mia volta, ho risposto che andrò anche in televisione a raccontare tutto ciò che ho subìto in carcere, compreso il pro-blema sanitario, e non avrò paura di niente. Lavorano i giudicabili e i definitivi no!
Però la legge Gozzini dice esattamente il contrario!
Poi, inoltre, quando sono stato trasferito in infermeria (perché avevo tentato di impiccarmi), mi hanno portato dopo 7 giorni le cose dalla mia cella e mi sono accorto subito che mi man-cavano gli occhiali da vista (del valore di 480.000 lire, con lenti che si oscurano a seconda della luce del giorno): come posso comprarmi gli occhiali se non ho neanche i soldi per il ne-cessario? Almeno fatemi lavorare!
L'ho chiesto e invece nessuna risposta: sto peggiorando la vista anche a causa del sistema carcerario.L'ho detto anche al Magistrato di Sorveglianza, ma nessuna risposta, né tantome-no gli occhiali. Ora mi chiedo: chi paga certe cose ai detenuti?
Però se un detenuto rompe una piccola cosa involontariamente in cella o fanno sparire qual-cosa o la fanno pagare un occhio di dio!
Fanno presto a prelevare i soldi dai nostri libretti senza neanche avvisare: è questa la legge Gozzini???
Parlando di libretto, quando un detenuto telefona alla propria famiglia gli prelevano i soldi senza specificargli nel libretto né scatti né cifre.
Ad esempio, io ho fatto 4 telefonate di 5 minuti ciascuna: lire 11.000 a telefonata! Eppure la matematica non è un'opinione e cioè: 127 lire a scatto più IVA, mettiamo 2 scatti al minuto x 5 = 10 x 127 = 1.270 + IVA, è chiaro! Questo, in termini legali, come si può definire?
Abuso di potere o abuso di ufficio?
Giulio


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Tratto da "AMI.CA. NEWS" (Maggio 2000, n.5):
"DA OPERA PIOVONO DENUNCE".
Abbiamo ricevuto da anonimi alcuni ritagli tratti dal settimanale "Vita". La data di pubbli-cazione non ci è pervenuta (era stata ritagliata), nomi e cognomi vengono riportati qui inte-gralmente, essendo di dominio pubblico.
"Torniamo ad occuparci del carcere di Opera (MI). La lettera di questa settimana fa parte di un carteggio fra un detenuto, recluso per un periodo nel carcere di Opera, e un familiare che ci ha chiesto di pubblicare in forma anonima la lettera in cui T. descrive ciò che ha visto all'interno del carcere lombardo. Un racconto agghiacciante e circostanziato su due casi di malasanità avvenuti nella casa di reclusione: Luca Bartolini, malato di AIDS e Giovanni Santoni, portatore di colonstomia. Ci impegniamo ad inviare copia di questa lettera alla commissione Giustizia della Camera perché venga avviata un'indagine conoscitiva."

Cara Susanna,
ho saputo durante un colloquio che mi hai mandato una lettera mentre ero detenuto ad Ope-ra, ma io non l'ho mai ricevuta. E adesso ti spiego il perché.
Purtroppo il tempo cambia le cose con una velocità paurosa, quindi anche i ricordi più dolo-rosi si affievoliscono.
Durante la mia permanenza ad Opera ho visto cose allucinanti: un ragazzo ammalato di AIDS che si chiama Luca Bartolini (sarà ancora vivo?) che sguazzava nei suoi stessi escre-menti e invece di curarlo gli somministravano dosi massicce di metadone, facendolo vegetare in uno stato di continuo trance. Il suo corpo era ricoperto di graffi, che lui stesso si procurava e probabilmente era affetto anche dalla scabbia, perciò nessuno gli si avvicinava. Poi mi ri-cordo di Giovanni Santoni che era nella cella di fronte a me. L'ho visto chiamare le guardie per un'intera mattinata per accompagnarlo dal medico perché aveva dolori fortissimi causati da quindici centimetri di intestino uscitogli dal corpo (è un portatore di colonstomia). A causa delle sue insistenze quattro guardie sono entrate nella sua cella con fare minaccioso e una di loro aveva in mano un ferro, quello che serve per far sbattere le sbarre (anche durante la not-te), ma a quel punto non so cosa sia successo perché mi hanno chiuso il blindato. Ho cercato l'intervento del comandante e poi del direttore: prima con le solite domandine di colloquio, poi con esplicite lettere, ma nessuno mi ha mai risposto. Anzi, da quel giorno le cose sono peggiorate anche per me.
Gli agenti sono diventati strafottenti e provocatori. Così ho chiesto all'addetto ufficio matri-cola di nominare un avvocato perché avevo paura che mi facessero del male, ma non ho mai visto nessuno. Allora ho mandato una raccomandata ad un avvocato del Foro di Roma, ma la lettera non è neanche uscita dal carcere! E da quel giorno il Magistrato di Sorveglianza ha se-questrato buona parte della corrispondenza in partenza e in arrivo.
Lettera firmata


***


LE CADUTE
Non pensate di non cadere nell'errore
perché prima o poi ci si cade tutti.
Però sappiate che rialzandovi, voi
sarete maggiori, non inferiori, come
si può pensare nel comune intendere.
Nella vita se uno fallisce
è escluso dal mondo.
Invece no, qui no.
Se uno cade rialzandosi, è più sapiente.
Ma se la vostra superbia non vi
permettesse più di riconoscere l'errore
allora dovreste considerarvi finiti.
Noi siamo deboli ed inclini al male,
però la nostra capacità di ripresa dipende
dalla volontà e dallo spazio che lasciamo
alla misericordia di Dio.
Non affliggetevi per le vostre cadute
perché cadere è cosa umana.
Preoccupatevi di rialzarvi subito dopo.
Dio osserva tutto.

Maurizio


***


Siete carissimi a tutti noi (ndr: voi soci di AMI.CA.), figli dell'oblio opportunistico, emargi-nati e recintati nello zoo tipico del sonno della Ragione di una società impaurita di scrutare il lato buio e mostruoso di se stessa.Ho seguito anch'io il caso tragico di Gary Graham (ndr: ucciso nel Giugno 2000 con iniezione letale nello Stato del Texas, U.S.A., dall'allora gover-natore G.W. Bush, con fortissima probabilità di innocenza, quasi al 100%) e non vi nascondo che ho pianto.
Sono rimasto davvero male per l'iniquità di giudizio che come una carogna moderna, come un inquisitore a caccia delle streghe, strappa la vita altrui sotto il velo di una discriminazione a lungo covata e che trascende di gran lunga la reale retribuzione castigativa d'una colpevolezza accertata.
Non riesco a concepire una tale arroganza totalitaria degna di un razzismo sociale che vio-lenta senza ripensamento la sacralità della Vita.
Credo che l'omicidio di Stato di Graham non può essere dimenticato ma resterà vivo in ognuno di noi che, nella scintillante luce dei suoi occhi degna dell'innocenza, siamo riusciti a vedere il Probabile Io.
Il dono sacrifico di Graham è un richiamo alla valutazione oggettiva, alla umile revisione d'una legge di parte.
Graham non è morto, Graham non è stato sconfitto ma ha sconfitto la presunzione di certez-za riportando l'umanità intera alla sua imperfetta Costituzione Creaturale.
SEI VIVO GRAHAM!!!
E' davvero encomiabile l'attività di AMI.CA. che ha una profonda teologia del sociale e così riesce sempre a mettere al centro l'Uomo confermando la sua identità di esistente irripetibile! Spero tanto che Preston Hughes III° (ndr: è un condannato a morte afro-americano, rinchiuso nel carcere di Livingston, in Texas, che stiamo seguendo da circa 3 anni) possa trarre dal sa-crificio di Graham una possibilità di salvezza!
Per quanto mi riguarda e in tale proposito, continuo a parlarne (ndr: di Preston Hughes III°) anche se il contesto di coercizione circoscrive tanto il raggio di azione nel sensibilizzare per-sone sfiduciate e debilitate dalla mera ricerca d'una collocazione del proprio Io nella nuova umanità di massa. Qualora tutto dovesse essere come continua ad essere, intendo mandare dal vuoto finanziario del mio patrimonio ciò che avrò in possesso al momento.
Traore


***


Ho vissuto diversi Natali dietro le sbarre, dove l'atmosfera magica potevo scovarla nelle preghiere, nell'ora della Santa Messa.
Ma non appena la concentrazione tornava alla realtà, un brivido percorreva il mio corpo e lo sguardo andava alla ricerca dei miei compagni di cella: chi guarda foto di famiglia col rossore agli occhi; chi, invece, cerca di fare il duro, ma trapela da lui un umano risentimento perché forse, sta pensando ai suoi cari, a sua madre, a suo padre, a sua moglie ed ai figli che passano il Natale senza di lui.
Durante le feste natalizie prego molto di più rispetto ai giorni normali, vado alla ricerca del vero senso del Natale, che il troppo consumismo ha messo un po' in penombra.
Non posso fare a meno di pensare alla mia cara mamma, al mio caro papà, alla mia dolce sorella, ai miei nipoti, e allora sento che qualcosa mi stringe la gola e devo girarmi di lato per non far vedere ai miei compagni le lacrime di disperazione che solcano il mio viso.
Arriva il momento del panettone, cuciniamo un po' di pasta.
Giochiamo un po' a carte ma tutto si fa in maniera diversa dai giorni normali: le risate non sono spontanee e le battute scherzose fanno ridere poco. Ognuno è racchiuso nel suo mondo.
Io non sono l'eccezione.
Il Natale risveglia in me la solitudine, la malinconia, la tristezza, i sensi di colpa per gli erro-ri commessi che mi separano, anche se momentaneamente, dai miei cari.
Vivo il Natale nel senso religioso, tra una lacrima e l'altra e la difficoltà a dormire perché il cuscino alimenta gli angosciosi pensieri.
Ecco cos'è per me il Natale in galera.
Non ho nemici, ma anche se ne avessi non augurerei loro di finire in carcere.
Andrea


***



Tutti abbiamo dei problemi: chi più, chi meno. Il Signore ci aiuta ad affrontarli con coraggio ed umiltà: ci mette alla prova sempre per non vacillare. Quando la strada si fa tutta in salita, con la Sua presenza nei nostri cuori non si sente la fatica.
Tante volte troviamo ostacoli insormontabili: la mia fede e la preghiera a Dio mi hanno in-segnato a superarli, con semplicità, senza odio né rancore, con la speranza di un futuro mi-gliore. Sono pensieri di uno che è arrivato al capolinea (ndr: al fine pena), che ha tanta voglia di rivincita nel Bene e per il Bene.
Guglielmo


***
 
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vinima
view post Posted on 14/1/2005, 00:54




Sono un detenuto della casa circondariale di (.): mi ha colpito molto la notizia che è ap-parsa di recente su quotidiani ed anche nei vari telegiornali (ndr: il fatto è datato, ci si riferi-sce ad un fatto del 2001).
Mi riferisco a quel tassista di Milano, accusato di aver abusato della figlia di tre anni, e ri-sultato poi del tutto INNOCENTE ed estraneo ai fatti, tanto che il pubblico ministero ne ha chiesto l'assoluzione dopo essersi accorto che chi aveva gestito quel processo lo aveva fatto con molta leggerezza.
Sempre questo pubblico ministero si è accorto della negligenza che c'è stata da parte dei pe-riti, degli psicologi, e infine degli assistenti sociali, persone risultate, alla fine, del tutto in-competenti.
Questa gente ha contribuito ad "aiutare" questa persona dopo averla buttata nel baratro?
Non si sa.Come al solito si saranno eclissate.
Però, per fortuna, la mano della Giustizia ogni tanto funziona, visto che il p.m. li ha denun-ciati per abuso d'ufficio.
Ora, ogni cittadino dovrebbe pensare a quest'uomo e chiedersi chi gli ridarà la dignità ed il rispetto persi in questi anni: inoltre, una famiglia distrutta, la moglie che lo ha abbandonato, la figlia chiusa in istituto per diversi mesi, poi riaffidata alla madre ma con l'intimazione del giudice che non fosse più avvicinata dal padre.
Quanti soldi potranno pagare questi signori per aver causato un danno a quel povero tassista (un danno morale oltre che psicologico)?
Non contando che d'ora in poi questi avrà una totale sfiducia nelle Istituzioni.
Quanto denaro dovranno pagare per avergli distrutto l'esistenza?
Credo che non ci sarà mai abbastanza denaro perché non c'è prezzo per un errore del genere.
Le scuse? Non credo che basteranno, ci vogliono aiuti più concreti, innanzitutto il ricon-giungimento con la propria famiglia e la possibilità di rivedere la figlia (sempre ammesso e non concesso che si ricordi del padre), poi gli devono dare un lavoro (visto che con la carce-razione ingiusta gliel'hanno fatto perdere), oltre a tutto il resto.Poi cosa gli devono ancora? Tante, tante scuse?!
Spero che in un futuro stiano ben più attenti, ma ho i miei dubbi finché la macchina della Giustizia ha tra i suoi ingranaggi persone di questo genere.
P.


***


Uno straniero quando entra in carcere incontra molte difficoltà.
Si sente più a disagio rispetto ad un italiano, innanzitutto per la lingua. Infatti, non saper parlare in italiano crea problemi nella comunicazione, sia con gli agenti sia con gli altri dete-nuti. E' quindi importante avere la possibilità di frequentare corsi di lingua italiana in modo da poter superare queste difficoltà, per non sentirsi troppo soli.
Finita la pena detentiva non è facile rientrare nella società, sentirsi una parte "viva", utile per sé e per gli altri. Dopo aver vissuto l'esperienza del carcere si cambia.
E questo significa che non è facile ritrovare una propria dignità, una propria vita accettabile, per sé e per gli altri.
Mariglen


***


Sei la rosa del mio esistere
del mio cuore un fiore di Maggio,
dolcissimo profumato
fragile e sensibile.
Con il vento tentennano,
vibrano i tuoi avvincenti gesti
di infinita delicatezza.
Sono così preziosi
che temo di rovinare
se non li seguo fino in fondo:
solo tu lo sai fare
dal profondo del cuore.
Di tutto ciò, non voglio perder
la memoria.
Vito


***



O.K., il prezzo è giusto?
Ndr: tante volte è stato denunciato dai detenuti stessi che i generi alimentari (e non) venduti all'interno delle mura carcerarie sono molto più cari rispetto ai prezzi che normalmente tro-viamo nei supermercati o quando facciamo la spesa in genere.
Una lettera inviataci da una nostra ex corrispondente riporta alcuni prezzi relativi ad altret-tanti generi di consumo venduti in carcere. A questo punto fate voi un po' i calcoli.(i prezzi si riferiscono ad un carcere preciso e non sono quindi validi per tutta Italia).

 1 kg. di zucchero: ?. 1,01 (£. 1.955)
 Caffè Lavazza 1 kg.: ?. 2,27 (£. 4.395)
 Coca Cola 1 lt. e mezzo: ?. 1,23 (£. 2.381)
 Vino bianco o rosso Tavernello cl. 25: ?. 0,41 (£. 793)
 Pasta Buitoni 50 gr.: ?. 0,69 (£. 1.336)
 Pasta De Cecco 500 gr.: ?. 0,80 (£. 1.549)
 Olio di oliva 1 lt.: ?. 3,87 (£. 7.493)
 Pollo a busto 1 kg.: ?. 3,59 (£. 6.951)
 Petti di pollo 1 kg.: ?. 7,70 (£. 14.909)
 Banane 1 kg.: ?. 1,54 (£. 2.981)
 Mele 1 kg.: ?. 1,78 (£. 3.446)
 Cipolle 1 kg.: ?. 0,97 (£. 1.878)
 Bagnoschiuma Vidal doccia ml. 50: ?. 1,90 (£. 3.853)
 Shampoo Johnson ml. 30: ?. 2,06 (£. 3.988)
 Shampoo Panten ml. 30: ?. 3,51 (£. 6.796)
 Deodorante Breeze ml. 10: ?. 5,78 (£. 11.191)
 Dopobarba Denim ml. 100: ?. 4,38 (£. 8.480)
 Dopobarba Patrick Classic cl. 75: ?. 4,98 (£. 9.642)
 Rasoio Sensor Gillette pz. 1: ?. 5,62 (£. 10.881)
 Rasoio Blu Sensor Gillette pz. 5: ?.2,84 (£. 5.499)
 Buste per lettera pz. 20: ?. 0,59 (£. 1.142)
 Penna Bic pz. 1: ?. 0,34 (£. 658)
 Pila Duracell Stilo pz. 4: ?. 3,80 (£. 7.357).

E via dicendo.(ricordiamo, tuttavia, che questi prezzi sono riferiti a Maggio del 2002): ci sono tantissimi altri generi di consumo nei listini circolanti nelle carceri. Qualcuno non ci tac-ci (per favore!) di pubblicità (non) occulta. Nostro malgrado abbiamo dovuto fare della pub-blicità esplicita a delle Case Produttrici per evidenziare meglio e correttamente il prodotto e la Linea a cui si riferiscono i prezzi.


***


La gente normale non sa pressoché nulla di come si vive in un manicomio.
Bisogna portare gli esempi, non aver timore di ciò che si fa vedere.
Parlare per tutti. Soffermarsi anche sulle condizioni fisiche dei malati. Forse la "180" non era giusta, riflettendoci ora. E' venuta fuori una legge impossibile. Sono stati abbandonati a sé stessi centinaia di malati mentali.
A quel tempo - oltre vent'anni fa - si parlava di "settore", di "territorio". Per i manicomi continuavano a correre sempre di più insistenti le voci che presto avrebbero smantellato tutto.
I familiari, costretti a riprendersi i parenti una volta reclusi, e quelli senza famiglia gettati in qualche cronicario, che poi non esiste. Questa moda allora era possente.
Mi accuserete di essere un reazionario, ma quello che penso lo debbo dire.
Assediato dalla psichiatria democratica, il vecchio manicomio deve essere riaperto, abbat-tuto e i malati mentali, da trent'anni stremati dagli psicofarmaci, rimanere abbandonati a sé stessi. Non voglio che il mio venga preso come un lamento, tanto più che c'è qualcosa di stra-ziante, ma la mia analisi è a favore dell'obiettività.
Tanti malati avrebbero dovuto lasciarli in pace: il manicomio era la loro casa!
Marco, 16/09/59


***


Tramonta il sole nella nostra vita.
Vite spezzate dietro sbarre e cancelli.
Volti tutti uguali, anime perse.
Passi incerti di un nuovo arrivato.
Sorrisi ironici dietro cancelli chiusi.
Uno nuovo? Sì. Chissà chi è, da dove arriva?
Menti rassegnate dal quotidiano senza meta,
futuro senza speranza, senza speranze per il futuro.
Uomo distrutto dal dolore: dove hai perso il cuore?
Forse nel fondo della tua vita. Risentirai l'amore
o sentirai solo il rimorso di una vita spesa male.
Trova Dio nel tuo cammino,
cerca l'amore che ha per te.
Cerca il futuro nel tuo cuore.
Troverai amore e Dio, nel tuo dolore,
troverai Dio e amore, se Lo cercherai.
In fondo al tuo cuore!
Michele


***



Questa iniziativa che vi siete proposti di attivare (ndr: si riferisce ad AMI.CA., fine Di-cembre 1996) è veramente utile per i tanti detenuti nelle carceri italiane che come me sof-frono.Da parte mia cercherò di essere luce pur attraverso le sbarre per tutti coloro che sono disposti ad ascoltarci.
Antonio (ndr: il primo detenuto col quale è nata di fatto AMI.CA.: questo fraseggio appar-tiene alla PRIMA lettera ricevuta "dall'Associazione" che tuttavia non era ancora nata uffi-cialmente ma già stava velocemente prendendo il largo alla ricerca di volontari/e che deside-rassero corrispondere con chi si trovava in carcere. A Marzo del 1997 i soci erano già una decina e i corrispondenti una ventina)


***



Le sbarre non cancellano i nostri sentimenti. Quando uscirò ho voglia di sentirmi ancora una donna libera e un'altra volta mamma.
Pamela


***



Purtroppo avevo combinato una delle mie, mi ero tagliato tutti e due i polsi.Non ce la fac-cio più a sopportare qualcosa che non mi appartiene perché sono condannato ingiustamente e per questo errore giudiziario ho perso ogni cosa di più caro che amavo.
Domenico


***


Se devo essere sincero, mi avete ridato la voglia di vivere e di credere in qualcosa di vera-mente bello.
Pietro (Gennaio 1997)


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Leggere la vostra iniziativa è stato bello, anche perché nelle carceri siamo in tanti e molti di noi hanno bisogno di affetto e solo il fatto di non sentirsi soli sembra poco, ma è molto.
Gianfranco (Gennaio 1997)


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Non ho tanto tempo stasera ma quelle poche mie parole devono suonare come sirene: il nuovo anno ci dà quest'opportunità nuova (ndr: AMI.CA.), non sprechiamola ma cerchiamo insieme di ricostruire un nuovo cammino verso una nuova vita, più corretta, più umile, più onorata nell'essere cristiani.
Giacomo (Gennaio 1997)


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Siamo tutti soli.
Aldo



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Vi prego di non pensare male, sono molto ma molto sereno. Non so se ho un Dio, ed in ogni caso, se l'avevo di sicuro è già sceso da molto tempo dalla mia croce, quindi dovrebbe amarmi perché per lui non sono più una sofferenza. Oppure Dio mi ama solo se io soffro?
Quindi dobbiamo soffrire io e Lui? Per quale motivo o per quale sottile soddisfazione?
Giovanni


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Purtroppo sono stato arrestato per omicidio, ho scontato 7 anni su 30.
Dio ci aiuta a migliorare in una fede saggia e generosa nel comprendere e capire la sofferen-za degli altri.
Vi chiedo con il cuore: aiutate le persone più disperate di me cioè gli ammalati, i poveri e gli orfanelli. Così sarete nel mio cuore tali e quali come i miei genitori.
Paolo


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Sapete, io qui ho una certa "reputazione" da mantenere. Io sono un "duro", non posso andare in chiesa, non posso pregare, non posso preoccuparmi.
E voi, invece, MI FATE FARE TUTTO QUESTO!
Antonio


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Sono innocente e 'sta galera mi pesa come un maledetto macigno, ma non posso far nulla: quando avevo il denaro, avvocati buoni mi hanno assolto. Ora il denaro non c'è però un'alter-nativa c'è: galera, e tanta!
Paolo


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Lei si starà domandando (ndr: riferito a Carlo Molinari) come mai io non Le do del tu: ok. Non mi riesce: do del lei (e può sembrare strano) anche a mia madre.
Ascoltando Radio Maria ho sentito una signora anziana che piangeva perché era stata ab-bandonata dai figli. Piangevo come un bambino, e mi faceva una pena, Le giuro, quella notte non riuscivo a dormire: era come se quella donna fosse mia madre e mi sentivo in colpa.
Nel mio orgoglio di uomo mi sentivo in torto, mi capisce?
Pasquale


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Mi sento molto solo: forse sarà anche perché mi ha lasciato la donna con la quale corrispon-devo da 3 anni!
Giancarlo


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E come se non bastasse, adesso ci sono 800 km. che mi dividono dalla mia famiglia. Quindi i colloqui diventano rari, magari ogni mese o due. Mi sento ancora più solo di prima.
Salvatore


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Questa mattina sono andato a Messa, era da un po' che non ci andavo.
Nicolò


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Credetemi: fare al meglio la mamma per C. (ndr: figlia cresciuta in cella: la legge prevede che le madri detenute possano tenere con sé in cella i propri figli fino al compimento del loro terzo anno d'età. E poi? Madri sole, figlioletti soli, lasciati chissà dove.), nelle nostre condi-zioni, occupa tutte le mie energie, cosicché ora di sera, sempre, sono stanca morta e riesco solo a stare dietro alle solite faccende.
Marzia


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Devo farvi sapere che a partire da oggi la mia vita ha un senso di vivere: a partire da oggi sono l'uomo più felice del mondo (ndr: aveva appena ricevuto la prima lettera da parte di una nostra volontaria).
Salvatore


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Il 5 Agosto maturo un nuovo semestre di libertà anticipata, così il 6 inoltro la richiesta per ottenere questi giorni di "bonus" così, se discussi in tempi ragionevoli (cosa poco "verificabi-le"), potrei essere a fine Ottobre in libertà per fine pena.Si vedrà!
Vincenzo


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Nel 1992 è morta mia madre per un ictus a 50 anni, da quel giorno mio padre non si è più mosso da casa: ha lavorato tutta una vita ed ora che stava bene (economicamente) gli hanno riscontrato un tumore all'intestino in fase terminale.Il 5 Giugno mi hanno concesso di an-darlo a trovare con la scorta a (.) dov'era ricoverato. Erano 8 anni che non lo vedevo ma non era per questo che l'ho riconosciuto solo quando gli sono arrivato ad un metro, ma perché quella malattia se lo sta mangiando vivo e lo ha sfigurato.
Pesa 70 chili, un uomo che ne pesava 100; potrete capire il mio stato d'animo allora, per poterlo ancora riabbracciare.Ed ora che lui continua a morire non riesco ad andarlo più a trovare (ndr: non gli è stato più permesso dal Magistrato di Sorveglianza). Farei 10 anni an-cora pur di vederlo stare meglio. Sapeste come è stato contento nel vedermi: mi ha perfino detto che sono bello.
Mauro


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Qui fa caldo, molto caldo: pensate che per far circolare un po' di aria la notte non chiudono i blindati: tengono chiusa solo la porta, che poi sono sbarre. Quando vado a fare la doccia, sotto l'acqua chiudo gli occhi e penso di essere al mare: ci sto anche mezz'ora se non c'è nes-suno.
Gianni


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Anche qui dovreste vedere cosa succede: chi viene in cerca di francobolli, pelati, pasta, olio e così all'infinito, come se avessi un supermarket!
Francesco


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Oggi ho fatto colloquio e ho potuto riabbracciare i miei splendidi figli e sono tanto, tanto felice!
Mimmo


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Avevo paura che mi prendeste per matto.E' da un po' di tempo che ho deciso di donare un rene e una cornea a chi è in attesa da tempo di questi organi.
Vi prego, non prendetemi per matto.
Angelo


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Com'è dura la vita a volte, ma c'è un detto che dice: "Il salice conosce ciò che è sconosciuto alla tempesta, ossia che il potere di sopportare il dolore è più grande di quello di infliggerlo!".
Raffaele


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In questi siti ove nemmeno l'alito di un bacio viene a sfiorarti, se gridi nemmeno l'Elio ti ri-sponde, se piangi nessuno ti considera, se sei felice rischi di passare per un matto.
Pierluigi


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Io a tutt'oggi sono un uomo solo, non ho nessuno, parenti e amici hanno solo saputo appro-fittare della mia situazione come sciacalli, sto cercando una persona che abbia sinceramente voglia di scrivermi, con sincerità, maturare un'amicizia basata sulla lealtà e sulla sincerità (scusatemi se ripeto molte volte il termine "sincerità", ma è importante). Desidero sottolinear-vi che non cerco né aiuti economici o altro, fortunatamente godo di una rendita che il mio po-vero papà mi lasciò quando morì, quindi sono economicamente indipendente.
Davide


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Esistono comunità per i tossicodipendenti, per gli alcolisti e per i drogati del gioco?!
Niente! Nessun aiuto, nessuna cura. Lasciati al destino.
Eppure anche questa è una malattia psicologica, ne sono certo. A chi rivolgermi?! Chi mi aiuta? Si sono perduti i miei valori, non sono più un uomo.
Tra (.) anni uscirò, sarà tutto come prima e allora preferisco il carcere, almeno non vado in quella maledetta agenzia ippica.
Maurizio

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Tutto va bene, e cosa ancora più importante si lavora e devo dire che sono contento, 1) per-ché è un ottimo posto di lavoro in quanto praticamente l'80% della giornata sono sconsegnato (ndr: fuori cella), 2) poi perché sono tutte persone in gamba che stimo con tutto il mio pensie-ro.
Antonio


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Quasi tutte le sere ho un dialogo con il Signore. Sapete cosa faccio?
Gli parlo. Gli dico: "Gesù, stasera non mi sento tanto bene, ma domani invece di 2 Ave Ma-ria ne dico 4". Lo ringrazio. Ma dopo 10 minuti dico un'Ave Maria.
Pasquale


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E' bello avere degli amici in tutto il mondo perché prima o poi si possono incontrare.
Giancarlo


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Ho smesso di fare lo sciopero della fame: ho bisogno di lavorare, fuori non ho nessuna per-sona che mi aiuti economicamente. Mi ha scritto mia figlia (.), e mi ha mandato una sua foto dicendomi di non scrivere certe cose brutte.che a lei non piacciono. L'importante è che non si sia dimenticata di me! Almeno quello. Io pensavo tutto l'incontrario.
Marino


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Forse sono proprio io, apparentemente restato in vita, ad essere morto, assente, chiuso nel limite temporale del ricordo e prigioniero della finzione dell'esistenza.
La mia gabbia la conoscete. Corridoi senza fine, sbarre, mura alte.
Lo sguardo che si perde.Nessuno che ti sorride, nessuno che ti chiama, ognuno barricato nel suo doloroso silenzio. E poi le tonalità di grigio, il rumore delle chiavi, l'odore del caffè ed altro ancora.
Questa è la mia gabbia!
Visibile, concreta, autentica. Io appartengo al nucleo di un mondo infelice. Un nucleo che non è fatto solo di sbarre, bensì di gabbie invisibili, ancora più strette e soffocanti, che strito-lano l'ambizione, la libertà, l'intelligenza. Chi di voi là fuori non si è mai sentito in gabbia? Chi può condividere la sensazione di prigionia, d'inadeguatezza e infelicità?
Forse fai parte di coloro che, al lavoro come in famiglia, devono sottostare alla gente richie-dente, pretendente e arrogante. Forse sei uno dei tanti adolescenti in crisi che abusano d'alcol, droghe e quant'altro in un estremo tentativo d'emancipazione, di sfida verso il mondo degli adulti. La conosco quella gabbia, sai?
L'ho respirata quell'aria densa d'insicurezze, rabbia, paura e solitudine. Oppure, sfortunata-mente, sei uno di quei bambini ai quali dovrebbe essere garantito il diritto all'esistenza di una vita decorosa, invece sono costretti alla miseria, all'ignoranza, se non addirittura alla guerra?
Come non posso dimenticare gli anziani con la loro gran dignità nell'interpretare il tempo che inesorabile sfugge loro tra le mani.
Poi ancora i malati, i poveri, gli sfigati. Ce n'è per tutti i gusti.
Orari, doveri, scadenze, aspettative, immagini.
Gabbie, gabbie, gabbie!
E cosa ne pensate di quei pochi privilegiati che usano il potere per prendere le decisioni di tutti?
Loro ci costringono alla gabbia quasi quanto lo facciamo noi stessi, coi nostri silenzi, coi nostri timori. Le gabbie sono costruzioni mentali, sono abitudine, sudditanza, logorio. L'esi-stenza di queste gabbie è un dilemma che non si risolverà mai, perché ogni risposta implica la sua contraddizione. Allora io cercherò di comprendere in che modo il mio destino possa emergere dalla melma.
Non mi resta che combattere (mentre sprofondo sotto il peso del presente) lottando per vin-cere o perdere.
Mi batterò fino all'ultimo battito di cuore, finché un briciolo d'aria nei miei polmoni ali-menterà quel soffio capace di spazzar via ogni sorta di gabbia.
Lino, tratto da "IdeeLibere", n. 1, Ottobre-Novembre 2002


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Qui le cose sono sempre uguali e ripetitive, passeggio e stanza, televisione ed un pò di lettu-ra, però non molta, perché la vista incomincia a farsi desiderare.La salute è buona, il morale un po' meno, sono triste ed in questo periodo sento molto la solitudine. Sarà per il fatto che si avvicina il Santo Natale senza fare nessun colloquio, senza neanche qualche euro per com-prarmi qualcosa da mangiare specialmente a Natale e a Capodanno.
Pietro


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Studiando diritto, ho imparato che lo Stato deve tenere conto di un possibile recupero del condannato. In altri termini, si dovrebbe comportare come un buon padre di famiglia, che cor-reggendo il suo figliolo, anche con un forte rimprovero per la manchevolezza effettuata, è pronto a perdonarlo una volta compreso che la punizione ha portato all'effetto voluto.
L'azione penale di uno Stato forte non deve essere coercitiva e afflittiva, ma deve tendere al recupero di tutti i soggetti detenuti e non solo a qualche categoria. E' storia di questi giorni, della polemica che ormai dura da decenni, sul famoso e alquanto sconosciuto, ai non addetti ai lavori, 41 bis: carcere duro.
A prescindere che io non conosco, nonostante abbia vissuto circa dieci anni nelle patrie ga-lere una forma di detenzione morbida, non comprendo come il vietare le basilari norme affet-tive possa aiutare un condannato a percorrere quel percorso trattamentale d'introspezione e valutazione critica sul suo operato, che dovrebbe portarlo a diventare in un futuro un uomo diverso dal precedente.
Si tende ad isolare questa categoria di detenuti definendoli a priori irrecuperabili e questo mi pare fuori d'ogni logica giuridica e morale.
Certo, è più facile considerare queste persone rifiuti della società e isolarli il più possibile, per farli dimenticare e dimenticarsi di loro.
Ma la giustizia non può essere questa, finché ci potrà essere la speranza di recupero, anche per un solo condannato di questo tipo di reati, si dovrà adoperarsi perché ciò avvenga. Siamo stati per moltissimi anni la culla del diritto mondiale e i nostri codici erano presi ad esempio da altri Stati, fin quando non abbiamo copiato quanto di peggio vi è nel sistema penale e pe-nitenziario americano; non resta che applicare la pena di morte, poiché quella virtuale un po' esiste, con l'applicazione di questo regime che tiene poco conto della persona restituendo violenza alla violenza e non considerando che le norme in uno Stato di diritto le applicano le istituzioni preposte, ma nel nome del popolo italiano.
Antonio, tratto da "IdeeLibere", ibidem


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Qui in questo nuovo carcere è tutto diverso: inizio col dirvi che in due anni non ho mai pre-so un rapporto disciplinare, qui in 4 mesi ho già preso 3 richiami disciplinari e un rapporto di-sciplinare che mi fanno vedere e sfuggire via il permesso e la liberazione anticipata!
Qui gli abusi mentali sono incredibili: non si può parlare con chi sta nella cella di fianco che ti fanno un richiamo, non c'è rispetto né educazione, qui gli agenti sono maleducati, non ti aiutano affatto nell'inserimento sociale, perché i veri maleducati sono loro. Vai a fare una vi-sita medica e nell'infermeria ci sono 3 guardie e non c'è rispetto del pudore (fumano anche là dentro) e tutto questo è veramente sgradevole.Credetemi, qui il 70% delle guardie sono mezze "alcolizzate", ti minacciano con i rapporti disciplinari. Pensate solo che qui coloro che vanno in permesso sono 3: sapete chi? I lecchini, ruffiani e infami. Se non sei così non andrai in permesso e non avrai un lavoro fisso.
Non vi dico la scuola: qui ci sono 4 maestre, una fa l'inglese, una la matematica, e due fanno Italiano ecc.. Dove si è mai sentito dire che le guardie devono stare dentro la scuola? Le mae-stre ci danno i compiti, mi spiego meglio: portano cruciverba per farci mettere la mente in movimento e le guardie ci rimproverano perché facciamo cruciverba, e non solo ci richiama-no, qui è tutto una vera vergogna, dobbiamo essere sottomessi, non possiamo ridere, per un nulla c'è sempre qualcuno di loro che ci rimprovera. Il bello è che quando ci fanno i rapporti disciplinari non dicono la verità, ma scrivono cose senza senso e come dicono loro: "Alla fine di tutto ciò ci sarà un Consiglio".
Anche l'educatore, lo psicologo, il dottore, il comandante e il direttore sono contro di noi, punendoci, e per loro ciò che leggono nei rapporti corrisponde a verità.
Viene creduto l'agente e non il detenuto.
E' tutto un "mangia mangia"!
L'educatore ha uno studio qui che sia il comandante che il direttore se lo possono sognare. E' tutto un abuso psicologico, una persona qui o fa come dicono loro o si rovina. Per dire, c'è un certo (.), una cosa inutile di persona (che Dio mi perdoni), e le guardie lo trattano da straccio vecchio, lo sfruttano, e lui zitto zitto non dice nulla, pertanto va in permesso.
Ma io mi chiedo: dove sta la dignità umana?
Dove sta l'inserimento sociale se veniamo trattati da uomini inutili?
Un altro esempio: io ho lavorato per un solo mese, però la mia presenza dava fastidio alle guardie, eh sì, pulivo le lenzuola in lavanderia e al mio fianco c'era la cucina, per cui si vede-va tutto perché è quasi adiacente.
Mi richiamavano sempre, anche senza motivo, mentre i lecchini, infami e ruffiani facevano la pizza, chiamavano l'agente della cucina e se la mangiavano davanti a me, cosa schifosa-mente crudele, anche se non mi ha mai fregato più di tanto perché io con gli infami non ci mangio.
E' un vero schifo.
Saverio


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Se c'è qualche persona di qualsiasi zona che vuole corrispondere con me ne sarei molto lie-to, ma dovete dire di scrivere sempre a macchina o in stampatello perché, come sapete, ho imparato a leggere da poco. Non faccio colloqui, non mi scrive nessuno, sono qui da (.) me-si e ho preso i giorni di buona condotta, 6 mesi e ne sono fiero.
Simone


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Salve a tutti voi dell'associazione AMI.CA.,
sono un ragazzo di 36 anni, sono da due anni in carcere per un cumulo di furti.
Vengo a voi per un aiuto epistolare, in primis ho perso tutta la mia famiglia, 5 anni fa sono uscito dal carcere e ho conosciuto una brava donna, di qualche anno più giovane di me. Quasi 3 anni di sacrifici, lavoravo io e anche lei, poi al secondo anno mi ha dato la notizia più bella del mondo: era rimasta gravida e mi chiedeva se volevo prendermi questa responsabilità. Dalla gioia avrei voluto urlarlo al mondo intero. Fatto sta che nasce una bellissima bambina di nome (.); pensavo che lavorando sotto una cooperativa sociale sarei stato quasi intoccabile. Anche il responsabile del lavoro mi diceva che ero in una campana di vetro; avevo l'obbligo di firma il Martedì (ndr: presso la caserma dei carabinieri) e alla sera alle 22.00 dovevo tro-varmi a casa.
Sta di fatto che nel (.) sono venuti alle 8.30 di sera a prendermi con un mandato di cattura definitivo di (.) mesi.
Passano (.) mesi e (ndr: nome della compagna) e la mia creaturina vengono sempre al carcere di (.) sia il Martedì sia il Sabato.
Dopo un colloquio felice perché stavo contando con la mia compagna i giorni, tornando in cella mi ferma la Matricola e mi dà un cumulo di altri 2 anni e per di più un anno (.) di casa di lavoro. Cioè, appena finita la pena nel carcere circondariale, devo essere tradotto alla casa di lavoro che è un carcere dove si trova la peggior delinquenza...
Beh, arrivando al dunque viene (ndr: la compagna) e la piccola, io con le lacrime agli occhi le ho detto che il mio fine pena si era allungato di (.) anni, e le dico di rifarsi una vita sua.
Per mia disgrazia lei mi ha preso in parola, ora sono 5 mesi che non ho più sue notizie, do-v'è, cosa fa, con chi sta, e la faccenda che più mi sta a cuore è la mia piccola.
Di lei avrei pensato tutto ma non che non mi avrebbe più fatto vedere la mia bambina: sono disperato da 5 mesi. Io non so più niente di loro; poi dopo aver passato 8 mesi nel carcere della mia città, dove praticamente so muovermi bene, mi hanno trasferito qui a (.). Ora sì che sto male, fuori io non ho nessuno, lavoravo e ora me l'hanno tolto, avevo una compagna, una figlia e ora dove sono?
Sono una persona vuota e rovinata: cosa ci faccio io su questa terra?
Tengo duro perché vorrei rivedere la mia bambina, la compagna sicuramente è persa, la bambina no.
Scusatemi per questo mio sfogo, ma dovevo farlo altrimenti scoppiavo.
Un mio compagno di cella mi ha dato il vostro indirizzo e mi ha detto che voi mi avreste aiutato, così ora eccomi qui a chiedervi di aiutarmi
Walter


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Vi informo che mi trovo sottoposto al regime detentivo di cui all'art. 41 bis, co. 2, L. 354/75 (O.P.).quanto di più crudele e disumano abbia prodotto la mente dell'essere umano.
Questo 41 bis è la vera tortura.
Sono 10 anni che il 41 bis ci ricorda che siamo trattati da bestie.
Tengo a precisarvi che io sono in carcere a 41 bis da (.) anni ed ho un prossimo fine pena quindi non è una cosa che mi riguarda per molto, ma visto che è un dato di fatto, una inviola-bile realtà crudele, ho ragione di credere che sia un dovere rendere pubblico ciò che si subisce sulla propria pelle invece di ascoltare gli ipocriti "politicizzanti" che travisano le realtà a loro piacimento approfittando della buona fede e "distruzione" dei poveri contribuenti. Vittime di una "psicologia" viziata dal giudizialismo mediatico.
Alfredo


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Nome in codice: tortura.
Da qualche tempo nel nostro Paese si sono verificati fatti di inaudita violenza, che mi hanno fatto riflettere non poco, sul mancato rispetto dei diritti umani.
Mi riferisco alle spedizioni punitive avvenute sia in piazza (vedi Napoli e Genova) che in carcere (vedi Sassari). Mi soffermerò su quest'ultimo aspetto della questione perché anch'io sono un detenuto e questo mi ha permesso di sentire il racconto di tanti miei compagni che hanno subìto questo genere di violenza. Questi fatti hanno portato alla luce ciò che accade spesso nelle carceri.
La conferma l'abbiamo avuta dall'ennesimo rapporto dell'associazione "Antigone" sullo stato di detenzione in Italia, da dove emerge che ci stiamo avviando verso una legittimazione della tortura, per il semplice fatto che i numerosi procedimenti penali sono tuttora irrisolti.
Credo sia arrivato il momento di introdurre nel codice penale il reato di tortura poiché in Italia si verificano cose inammissibili, che in un qualunque Paese democratico sono ritenute inaccettabili.
L'Italia è stata richiamata più volte da organismi internazionali perché colmi questa lacuna. La nostra classe politica ha recepito la necessità di adeguare il nostro ordinamento giuridico valutando le varie proposte di legge presentate in Parlamento, che però non vengono discusse perché non sono così importanti da consentire direttamente in commissione la corsia prefe-renziale.
E' chiaro che la perseguibilità di questa pratica che definirei disgustosa e che lede la dignità delle persone e più ancora dello Stato, non può essere affidata alla querela di parte.
Le vittime - nel caso si tratti di detenuti - sono spesso condizionate da fattori esterni, come ritorsioni e altre pratiche a cui vengono sottoposti.
Il divieto di tortura è un principio elementare di tutte le norme internazionali: si spera che l'Italia, patria del diritto, velocemente si adegui.
Francesco, tratto da "IdeeLibere", ibidem


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Vorrei avere una corrispondenza visto che, ritrovandomi qui, sono stato dimenticato da tutti i miei amici e amiche. Ho cercato di scrivere loro senza avere un risultato: lo so che è difficile mantenere un contatto con un detenuto, mi sento triste e rifiutato, a volte non riesco a superare i giorni, penso sempre alla vita che è lì fuori e sarà molto difficile, una volta uscito, tornare come prima alla normalità.
Mi sento escluso da tutto e da tutti, ormai sono un numero nella conta delle guardie la mat-tina e la sera; non ho più un affetto, un amore, una gioia, ho soltanto molta amarezza e malin-conia.
Una volta fuori sarà anche difficile incontrare una persona che sappia capire il mio passato e che possa accettarmi ed avere una famiglia tutta per me: mi sento molto diverso da tutti gli altri, purtroppo gli anni persi non me li può restituire più nessuno, il mio sorriso si è spento il giorno in cui sono entrato qui e sarà difficile tornare a sorridere.
Carlo


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Da questa cella il sole mi sorprenderà
col viso sul foglio a scrivere, a sognare la mia libertà.
Mi darai la mano e voleremo via
in ogni segreto del cielo sarò a casa mia.
Gli angeli saranno uomini liberi
con le parole più semplici l'amore mi stupirà.
Il tempo si è arreso all'amore e con me resterai
se a guarire un fiore tu mi insegnerai
perché ho un grande bisogno di te
del più piccolo sogno che c'è
e insieme a te vedere gli alberi fiorire,
e insieme a te sentire gli angeli tornare,
e tornare a rivedere la mia libertà!
Carlo
 
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vinima
view post Posted on 14/1/2005, 00:55




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Mi trovo in carcere dal Settembre del (.) per una vicenda legata allo spaccio di sostanze stupefacenti (ecstasy), purtroppo il mio carattere coriaceo è molto restio a riconoscere gli sba-gli, anche i più palesi, e mi ha portato in questi anni a perdere quasi del tutto i contatti con i miei familiari: ora li sento molto di rado, ma telefono.
Ma solo quando posso, cioè quando il parroco che viene qui mi riesce a depositare qualche soldo, che uso per le sigarette e per il telefono, ma ormai questa volta è finita, il giorno (.) uscirò da qui e credetemi che uscire è la preoccupazione più grossa che ho in questi giorni dentro il mio Ego: non ho un soldo (nemmeno per tornare dalle mie parti, e non potendo lavo-rare per motivi disciplinari, non mi resta che l'autostop o altro e poi si vedrà).
Forse andrò a fare quattro chiacchiere con i miei genitori per vedere se riesco (senza arrab-biarmi) a ragionare con loro per andare almeno un po' più d'accordo in futuro, e credo che da-rò loro un bel po' di spiegazioni.
Ho molto timore di andare fuori dato che io ho sempre fatto un certo tipo di vita per avere i soldi, ma non sono mai diventato fortunatamente un tossicodipendente (intendo come eroi-nomane, anche se credo che prendere le pastiglie sia sempre una forma di dipendenza o co-munque un'alternativa alla vita reale).
Spero di riuscire con l'aiuto dell'amore della mia ragazza e di mio figlio a trovare un qua-lunque impiego lavorativo, anche tramite il SER.T. (ndr: Servizio Tossicodipendenze): così facendo ho una fioca speranza di riavere la mia vita, ormai fortemente segnata da questo pe-riodo di detenzione.
Christian


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Sono stato arrestato il (.) con l'accusa di violenza sessuale su un minore (art. 609 quater e art. 81 c.p.); sono stato coinvolto in un blitz di 41 persone "Operazione (.)", solo in (.) fi-nimmo in carcere.
Dopo (.) mesi uscirono tutti tranne il sottoscritto e dopo più di (.) anni sono ancora in carcere. Ho fatto il processo di I° e II° grado con dibattimento e da (.) anni chiesti dal p.m. in I° grado, si cono accontentati di (.) anni in II° grado.
Non ho fatto ricorso in Cassazione, a causa dell'avvocato (il quinto e dopo 25 milioni sbor-sati) poiché me l'aveva sconsigliato dato che mi disse che mi avrebbe fatto uscire con le pene alternative.
Premetto che ho moglie e due bambini di (.) anni e (.) anni che mi stanno aspettando da tutti questi anni; ci sono (.) persone che si alternano per venirmi a trovare e tutte le settima-ne faccio colloquio. Tornando alla mia vicenda: ci sono state (.) richieste di arresti domici-liari, tutte rigettate con la motivazione che gli indizi di colpevolezza a mio carico erano più gravi dei coimputati.
Non feci rito abbreviato e tanto meno il patteggiamento perché so di non aver commesso quel reato così odioso: ora sono nelle mani dell'équipe del carcere e qui inizia la mia ennesima odissea.
A parte il fatto che non riescono a trovarmi un lavoro all'esterno (e il lavoro c'è), però quan-do si chiede ai miei parenti o amici per quale motivo sono in carcere, si tirano tutti indietro.
Quindi ho avuto una seconda condanna dalla società che non mi permette di accedere ai be-nefici di legge.
Però ci sono proprio gli operatori che hanno già deciso (a prescindere dal non farmi usufrui-re di tali benefici): ho fatto due richieste di permesso premio, rigettate perché ho bisogno di interventi specialistici e perché avrei le pulsioni incontrollabili nel ripetere il reato.
Però, dal giorno dell'arresto ad oggi NON E' MAI stata chiesta alcuna visita o perizia nei miei confronti, per dedurre quanto hanno scritto sul mio conto.
In un anno di osservazione con gli operatori ho fatto (.) colloqui e a che cosa hanno por-tato? Che il sottoscritto si scontra con gli operatori, in qualsivoglia riflessione critica sulla vi-cenda criminosa.
Così ho chiesto un colloquio con il direttore del carcere.
Esito della spiegazione del direttore: "Noi non possiamo scrivere che il (ndr: cognome dello scrivente) lavora, partecipa ai corsi e ha una regolare condotta. E non accetta di aver commes-so il reato", punto.
Allora ho chiesto di essere chiaro su questo punto, mi ha risposto così:
"(Ndr: cognome dello scrivente), sino a quando lei non accetterà di aver commesso il reato, noi non daremo mai parere favorevole per le pene alternative".
Il mio avvocato dice che non possono fare un processo nel processo e che non è legale, per-ché non è previsto nel codice penale e tanto meno nell'ordinamento penitenziario. Però lo fan-no e nessuno, dico nessuno, prende provvedimenti in merito.
Mia moglie, che si trova a (.) con i suoi, mi scrive dei colloqui fatti con l'assistente sociale di (.) e dice: "Gli spieghi come stanno le cose, che lo stimiamo e che gli vogliamo bene".
E loro scrivono quello che vogliono.
(ndr: continua con un'altra lettera di qualche mese dopo): .sentivo parlare Feltri al "Mau-rizio Costanzo Show" che più volte ha chiesto alle direzioni dei carceri il Regolamento Inter-no, che mai gli viene spedito, motivando con la scusa che "ogni carcere è diverso".
Però sapete benissimo che l'Ordinamento Penitenziario è uno in tutta Italia; se da un carcere all'altro cambia è perché ciò viene permesso.
Tutta questione di business?
Proprio così! In questo carcere fino ad un anno fa si poteva avere il pandoro attraverso il colloquio con i familiari. Poi ci hanno tolto questa possibilità così si è costretti a comprarlo in spesa a 9 euro. Qualche mese fa hanno tolto anche la possibilità di farci entrare anche tutti i tipi di frutta, pomodori e alcuni tipi di formaggio; così siamo costretti a comprarli e con quali prezzi!
Subiamo continuamente estorsioni e poi c'è anche il vitto dell'amministrazione che è im-mangiabile.
L'ultima beffa nei confronti del detenuto è che una volta fuori dal carcere deve pagare anche il mantenimento carcerario.
Qualche sera fa, prima di addormentarmi, pensavo ad una cosa: una persona che viene con-dannata ad espiare una pena in carcere e viene condannata ad espiare un'eventuale risarci-mento dei danni alla parte lesa.
Però i "giudici" non tengono conto di tutto il resto nei confronti del condannato, condan-nandolo automaticamente ad altri danni economici per la propria famiglia.
In sostanza, la condanna viene espiata due volte, in più vengono portati via anni preziosi della vita, per pagare un'eventuale errore umano: tutto questo solo nei confronti di persone comuni. I potenti e i colletti bianchi non vengono nemmeno toccati.
Chissà cosa pensa l'opinione pubblica sull'indulto: so che ci vorrebbero vedere con le spalle al muro e fucilati.
Ma con tutto il rispetto e solidarietà nei confronti delle vittime dei reati, credo che neanche loro s'immaginino a quanta umiliazione si viene sottoposti; a parte i terroristi, mafiosi e chi uccide, credo che nessun altro reato dovrebbe essere pagato con il carcere, dato che quest'ul-timo sforna persone sempre più delinquenti.
Renato


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La galera è veramente molto triste quando non si ha nessuno.
Io cerco qualcuno con cui poter parlare, comunicare, e perché no, passare anche qualche momento per dimenticare il posto in cui mi trovo e penso proprio che una lettera ogni tanto possa darmi qualche attimo di evasione e di spensieratezza.
Taoufik


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Vorrei fare solo un po' di corrispondenza con qualcuno che ascolti e risponda ai miei sfoghi di uomo tradito e di papà vietato.Tempo addietro ero un frequentatore della casa del Signo-re, poi purtroppo, in questo periodo di carcerazione, ho sempre trovato parroci molto schivi così ho perso un po' la fede (ndr: ancora permangono certi luoghi comuni, sempre i soliti.).
Alle volte quando mi faccio prestare il walkman e ascolto Radio Maria mi risollevo un po': mi vergogno a chiedere (ndr: nella parte precedente della lettera ci chiedeva una radiolina), solo che purtroppo fuori non ho nessuno: avevo un lavoro, una casa, risparmi.
Ora sono in un buco che sembra un frigo.
C'è malessere in cella, ogni giorno discussioni, io sto prendendo l'esaurimento nervoso; qui non esiste neanche un buon supporto dagli operatori, continuo a fare domandine e non vengo mai chiamato.
Riscusatemi per i miei sfoghi, per mia fortuna ho trovato voi.
Walter


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Proprio ieri sono stato di nuovo male e mi è venuta una crisi di nervi: ho avuto discussioni con il medico più gli infermieri.
Mi accorgo che sto male ma loro mi dicono che bisogna aspettare le altre visite così mi dan-no delle gocce da mettere sotto la lingua, ma ieri le ho rifiutate (mica mi posso inzuppare di pastiglie e gocce, per cosa poi?).
I risultati sono sempre quelli: 110/105 di minima (ndr: pressione arteriosa).
Ho già scritto al mio avvocato, poi vedrà lui cosa fare. Proprio ieri sera ho parlato con mia cugina: mi ha trovato un po' strano, ma non le ho detto nulla, non voglio preoccuparla visto che lei è ormai in dolce attesa di 2 gemellini.
Non voglio che si preoccupi ma ormai mi conosce molto bene: a lei basta sentire la mia vo-ce per capire come sto.
Che dirvi? Bisogna stringere i denti ed aver pazienza e aspettare.
In questi posti la pazienza si perde molto facilmente, non è come se fossi fuori, la cosa sa-rebbe molto diversa.
Mi hanno dato i risultati delle analisi delle urine che ho fatto: il medico mi ha detto che sono un po' sfasati ma bisogna aspettare il (., ndr: due mesi!), giorno in cui ho la visita per le ar-terie. Ma vi rendete conto!
Se fossero le arterie che non vanno e io mi sto inzuppando di pastiglie! Non appena ritorna il mio avvocato gli do la lista delle pastiglie che prendo, poi la farà vedere a chi ne capisce.
Vi giuro che se loro stanno sbagliando sul mio cognome si ricorderanno tanto tutti: medici, guardie, assistenti sociali, educatori. Hanno tutti le stesse idee. Ormai con questi qui io non ci parlo.
Figuratevi che ho uno zio, fratello di mia madre, che fa il brigadiere da quasi 25 anni, ma con me non va molto d'accordo. Se capisse veramente come sto e come sto soffrendo.ma lo-ro hanno le loro idee.
Il carcere non si augura a nessuno, ma molta gente lo dovrebbe provare così si renderebbe conto di come si vive.
Mauro


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Il giorno (.) mi hanno portato mia mamma dopo 14 mesi che non la vedevo e me l'ha por-tata don (.), l'ex cappellano di questo Istituto.
La mia felicità è stata grande perché quando l'ho vista ci siamo messi a piangere come due bambini, potete capire la gioia e la felicità di abbracciare la propria mamma.
Ora non so quando la potrò rivedere perché è anziana ed ammalata.
Simone


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Ciao "amici dei carcerati",
il mio nome è (.), sono tunisino, data di nascita (.), alto (.), peso (.), non fumo nessun tipo di sigaretta, non bevo vino, bevo solo acqua.
Mi piace lo sport, corro un'ora al giorno. Vado a dormire presto e mi alzo presto, frequento la scuola media qui in carcere.
Mi piace la vita, mi piace la libertà: non sono cattivo, sono buono e tranquillo.
Non voglio fare del male a nessuno.
Sono il più grande nella mia famiglia: siamo (.) fratelli, (.) sorelle e (.) maschi e mia madre è casalinga, tutti sono in Tunisia.
Qui siamo solo io e mio fratello, solo che lui è libero.
Cerco una brava persona per scrivere, ragazza o donna, l'importante è che sia buona, brava e simpatica: non ho mai corrisposto con nessuno, a parte mio fratello.
Spero che questa lettera mi porti un'altra lettera da una persona per bene. Sono un uomo se-rio e ho avuto belle esperienze nella mia vita.
Sono da (.) mesi in carcere (brutta la parola carcere), il mio non è un reato di sangue ma quando troverò la persona che mi vuole conoscere, e vorrà sapere tante cose sulla mia perso-nalità, prometto di raccontarle tutto.
Spero in una risposta da parte di una brava persona.
Bouthouri


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GLOSSARIO DEL CARCERE
(Un po' per scherzo e un po' sul serio)

A
ARIA: formula chimica H2O2, agente atmosferico a volte minaccioso e persino violento. Nel caso nostro NO: solo ed esclusivamente tempo di respirazione, esterna, concesso gentilmente in locali o aree ben delimitate da "basse" mura o, se fortunati, in ampi "fioriti" campi sportivi, comunque tutto all'attenta e vigile sorveglianza degli "Angeli".

B
BAR: visita di uno o più inquilini ad un "dirimpettaio" per degustare una buona tazza di caffè "napoletano" d'inverno, freddo d'estate, o altri liquidi forniti dalla dispensa del povero malca-pitato di turno.
BUONO: aggettivo qualificativo in alcuni casi.ovviamente non nel nostro! Trattasi invece di una piccola tessera formato "monopoli" per il ritiro di n° 1 bomboletta di gas per fornello da campeggio.e che campeggio!!!
BIDET: oggetto nel nostro caso particolarmente.curioso! Trattasi di vasca in miniatura del-l'altezza poco superiore a 20 centimetri.Il tutto non lascia però meravigliato l'inquilino fino a quando non viene preso in considerazione un particolare: tale "oggetto" è letteralmente piantato al suolo!!! Capolavoro d'architettura.

C
COLLOQUIO: visita dei familiari o semplici colloqui telefonici con gli stessi. Questi, durante gli incontri, possono portare alimenti o altri oggetti da consegnare poi ai detenuti, purché il tutto sia consentito dal capo villaggio e soltanto dopo un'accurata (molto accurata) perquisi-zione.

D
DOMANDINA: modulo di tipo cartaceo sul quale, previa accurata compilazione, e dopo estenuanti consultazioni, viene effettuata una richiesta di tipo pseudo-intelligente a cui il ca-poposto dovrebbe dare una risposta. Attraverso questo modulo, si ha l'accesso a tutti (o quasi) i servizi offerti dalla casa. Si possono inoltre acquistare generi di necessità, richiedere colloqui particolari, ecc..

E
ESPULSIONE: forma di trasferimento della serie "Vada al quel (suo) paese".

F
FINE PENA: tragico e spiacevolissimo evento, a volte addirittura scioccante per il "malcapi-tato", che si vede, dopo anni e anni trascorsi in giocosità e sotto l'attenta cura di tutti, sfrattato ignobilmente e gettato alla mercé della strada, in mezzo a pericoli d'ogni genere. Tale evento porta spesso il povero malcapitato di turno a compiere atti di autolesionismo o, nella peggiore delle ipotesi, ad inscenare atti del tipo cartoni animati come "Gli Antenati", in cui il povero sfrattato bussa tutta la notte in attesa di essere riammesso nel villaggio.

H
HOTEL: di prima, seconda, terza o altre categorie, trattasi di un albergo ben attrezzato, in cui vivono gli inquilini. Questo termine è talmente piaciuto, che il Ministro Castelli lo ha utiliz-zato in una trasmissione televisiva del TG3!!!

N
NODO: semplicissimo nodo che viene effettuato sulle lenzuola per tenerle tese il più a lungo possibile. Ne esistono di vari tipi, anche quello.scorsoio. Tuttavia ne si sconsiglia l'uso se non si è pratici!

O
OROLOGIO: oggetto insulso, ormai inutile ed in disuso presso gli inquilini. Per la serie: "c'è chi pensa a noi". Vi sono tuttavia inquilini incalliti, esagitati che, presi da malinconia e frene-sia, continuano imperterriti a visionare tale oggetto ogni decimo di secondo.

Q
QUARTINO: non è un piccolo quarto ma un comodissimo bric plastificato, contenente una miscela di colore rossastro o giallo-bilioso, dal gusto delicato e relativamente (molto relati-vamente) assomigliante a quello che nelle campagne chiamano vino!

S
SBATTIMENTO: stato pseudo-comatoso-vigile, permanente e continuo in cui vivono gli in-quilini.

T
TELEVISORE: oggetto sotto forma di scatola infernale, che giorno dopo giorno rincitrullisce i poveri cervelli già sballati dei poveri inquilini. Posto ad un'altezza studiata da un architetto cervelloso, probabilmente alto circa tre metri, costringe gli inquilini a contorsioni e ad avvi-tamenti del collo anchilosanti. Da qui malattie di vario genere: problemi visivi con orbite ro-teanti, retine sballate e, col tempo tendenza a non riconoscere più i colori.
Franco, tratto da "IdeeLibere, n. 3, Febbraio-Marzo 2003


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Vi scrivo per sfogarmi: sono esaurito al massimo, sono stufo di questa vita!
L'altro giorno mi chiama il comandante e mi dice che in saletta c'era una sorpresa per me e di accettare l'accordo! Vi giuro che non avevo mica capito cosa intendeva dire: poi entro in saletta e vedo lei, la mia dolce metà (ndr: vd. a pag. ...............................) e mia figlia (.), che bella che è diventata!
Dopo 10 minuti, ovviamente, l'ho rimproverata e le ho ricordato che per lei e la bambina avevo dato un calcio al passato, credetemi, non volevo avere nemmeno a che fare con i miei più cari amici, quelli d'infanzia, li ho mollati perché facevano uso di droghe e di hascisc e io ero decisissimo a farmi la mia famiglia.
Infatti così fu per due anni e mezzo: lavoravo alzandomi alle 6 del mattino, facevo due lavo-ri. Nata la bambina, una settimana dopo, abbiamo ricevuto la casa nuova di stecca: l'ho arre-data come voleva lei (costo cambiali 17.000 euro) e rendetevi conto.solo con il lavoro in 2 anni sono riuscito a pagare tutto! Anche gli interessi che la finanziaria mi aveva posto per darmi 20.000 euro sulla mano.
Facevo 14 ore di lavoro al giorno per non far mancare nulla alla famiglia.
La tegola di rientrare in prigione non me la sarei nemmeno sognata: fatto sta che nel mese di (.) del (.), alle ore 20.30 sono arrivati e mi hanno arrestato per un cumulo di (.) mesi.
Beh, soffrendo come una bestia mi faccio arrestare senza fare storie. Dopo (.) mesi mi hanno revocato (.) anni e 1 giorno.
Dopo mi sono arrivati altri (.) anni di casa di lavoro, ho preso tempo e con le lacrime glie-l'ho detto.
Fatto sta che mi ha mollato come una carta di caramella, fredda come un iceberg, e devo tutto al SER.T. che per il mio benessere mi ha fatto andare in una clinica a (.).
Siccome avevo l'obbligo di firma, dopo (.) mesi sono tornato su a casa e il tribunale di (.) mi ha fatto questo brutto scherzo: mi hanno rovinato la vita 'ste toghe nere, non mi hanno neanche avvertito di avere cause in sospeso altrimenti mi sarei parato un bel po'.
Tornando a (ndr: nome della sua ex compagna), entra dentro un avvocato con lei e mi dico-no chiaro e tondo che se firmavo un documento lui mi avrebbe aiutato ad uscire di galera, in più mi davano 70.000 euro però dovevo firmare il documento concedendole il divorzio!
In più, rinunciare alla bambina, con scritto in piccolo che avrei potuto vederla una volta al mese a casa loro: sì, 'sto avvocato è il nuovo partner di mia moglie!
Il documento diceva anche che lei rinunciava alla casa: ma a che cosa rinuncia se è intestata a me! Mi ha detto che loro due stanno insieme già da prima che io entrassi in galera.
Non vi dico.gli agenti mi hanno dovuto portare via con la forza.gli ho tirato una testata sul naso ed è cascato giù come una pera, le carte le ho strappate, peccato solo che la mia pic-cola ha dovuto vedersi una scena così vigliacca.(sono sicuro che lei ha portato apposta la bambina!). Sapete che vi dico? Anche se sono un poveretto con niente di materiale so solo che la mia bambina quando è nata l'ho riconosciuta, porta il mio cognome, non c'è prezzo per lei: è l'unica cosa che so che è mia.
So che loro hanno soldi, sono incensurati e ci sarà un dibattimento. Ma finché avrò respiro non la lascio a 'sti due diavoli di serpi.
Scusatemi per questo mio sfogo, ne avevo bisogno, sono vari giorni che piango molto.
Walter

Ndr: sono successi più di una volta, anzi centinaia e centinaia di volte, questi casi in cui un detenuto, pagato il suo debito con la Giustizia, esce dal carcere, si rifà una nuova vita, trova un lavoro, una famiglia. Tutto scorre tranquillamente ed improvvisamente, oplà, salta fuori qualche condanna in sospeso in qualche tribunale: la persona, ormai "dimentica" del periodo passato in carcere (si fa per dire.) si ritrova improvvisamente e tragicamente a dover ritor-nare in cella magari per altri tot ANNI! Distruggendo così non solo la Persona, ma anche tutto quello che questa ha ricostruito, compresi gli affetti (cosa importantissima).Pensiamo che sia una vera e propria tragedia che si possa comprendere solo se vissuta sulla propria pelle. Ma allora ci si domanda: come mai, una volta arrestata e carcerata una persona non si cumulano tutte le pene in un colpo solo anziché "spezzettarle" (molto spesso, appunto) all'in-saputa del povero malcapitato? Forse perché alcune cause in sospeso restano fagocitate tra scartoffie e vecchie pile di documenti presso le cancellerie dei tribunali e ce se ne "dimenti-ca"? O forse perché c'è anche una sottile "vendetta" (è una pura ipotesi) da parte di qualcuno che vuole vedere tornare in carcere a tutti i costi una persona? Ci pare veramente assurdo il solo pensarlo.ma una risposta da qualcuno sarebbe dovuta. Più che dovuta!


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Che il Senato abbia bocciato l'indultino è stata la cosa più giusta che poteva fare: non era altro che l'affidamento in prova al servizio sociale "mascherato", già esistente nel codice pe-nale. Come tante altre pene alternative al carcere, semilibertà, detenzione domiciliare, libera-zione condizionale, sospensione pena per diversi motivi e libertà vigilata.
Solo che i tribunali di sorveglianza [specialmente quello di (.)] fanno di tutto per non ap-plicarle. Se si tratta di pluripregiudicati o di detenuti di aiuto alla Giustizia (collaboratori e in-fami), allora hanno tutte le agevolazioni possibili ed inimmaginabili. Quindi, anche quest'altra realtà è da fare arrivare all'opinione pubblica e non dimenticare "mai" di dire: in carcere non esiste nessuna rieducazione e reinserimento del detenuto, anzi, il carcere è un contenitore che forma futuri delinquenti.
La prima causa di questa "assenza" di rieducazione del detenuto arriva dagli agenti di Poli-zia Penitenziaria, che vivendo 24 ore su 24 a contatto con i detenuti, non fanno altro che isti-gare e mettere a segno i loro soprusi.
Poi ci sono gli operatori dell'équipe trattamentale, che dopo aver fatto "qualche" colloquio con il detenuto, si sbizzarriscono con la loro libera interpretazione per stilare relazioni di sin-tesi comportamentale del detenuto, della situazione familiare e di quant'altro possa aggravare la posizione dello stesso.
La cosa che più sovente può capitare al detenuto è quella di leggere una motivazione di ri-getto e trovarsi applicata la "pericolosità sociale": questo fa sì che il detenuto non avrà più di-ritto ad alcun beneficio di legge.
Potrei andare avanti ancora per molto, però preferisco fermarmi qui.
Mi fa piacere che scriverai un libro (ndr: si riferisce a Carlo Molinari) riguardo a questo mondo disumano e dimenticato quasi da tutti.
Con la tua opera (ndr: ma "l'opera" è scritta dai detenuti stessi!) spero che i cittadini si ren-dano conto che i detenuti non sono tutti uguali, che non si viene in carcere con lo stesso reato grave di un altro e che si finisce in carcere anche da non colpevoli (vedasi il caso di Balillà, risarcito con quasi otto miliardi delle vecchie lire).
Sono contento che hai tenuto conto del contenuto delle mie lettere e non ho alcun problema se le pubblichi: va bene che scrivi solo Renato, tanto non ho scheletri nell'armadio.
Renato


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Memorie di gente contadina
Memorie della mia gente contadina. Struggenti ricordi di tempi lontani.
Vita dura fatta di levatacce all'alba, splendore di sole nascente, rugiade fresche calpestate di buon'ora, sciami di gente calpestavano e andavano incontro all'aurora.
Intorno a me vedo tante teste d'argento che per tanto tempo hanno avuto le carezze del sole, della pioggia e del vento.
Abbiamo tutti incominciato a lavorare da ragazzi inesperti. Cultura del lavoro fatta di espe-rienze, abnegazione, onestà. Maturando il senso del dovere, fierezza e dignità. Adesso tutto è cambiato, il nostro mondo passa nell'oblio.
Non voglio giudicare, né profetizzare, sono ormai fuori dal gioco.
Ma una volta c'ero anch'io.
Giorgio, tratto da "Spiragli", rivista dell'Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Montelupo Fiorentino (FI), n. 10, Aprile-Maggio 2002


Ndr: come il sottotitolo di questo libro recita, ho pensato di inserire non solo "stralci" di lettere provenienti da nostri corrispondenti reclusi, ma anche articoli di riviste "carcerarie" (vd. anche l'articolo di Vincenzo Andraous sopra riportato), sempre per cercare di contribui-re a "dar voce a chi non ce l'ha". Questi articoli, infatti, vengono letti nella maggior parte dei casi da "addetti ai lavori" e da gente come noi del volontariato penitenziario: il progetto è quello, spero, di far sentire le loro voci anche a chi non conosce per niente il mondo comples-so ed intricatissimo del carcere. Perché con tante voci si può capire e comprendere meglio.
E di più: un piccolo tentativo almeno.


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All'amore smarrito
a (.), mio sogno mai diventato realtà

Illusioni dell'anima mia
nate come nebbia
al giunger del sole svanite
senza ritorno alcuno.

Ancora una volta
per te, amor mio
sognato, sfiorato,
raggiunto, perduto,
le mie lacrime cadono.

Già il nostro destino
era segnato, scritto
dalle incomprensibili
mani celestiali.
Le nostre mani separate,
i cuori disillusi,
tramortiti, spezzati.

Per te l'oscurità talmente infinita,
inquieta è diventata
in questa come un indifeso,
insicuro infante
la mia vita ho smarrito
con il cuore di spavento colmo,
raggiunto la mia gola.

Così ciecamente,
insistentemente
il tuo nome ho invocato,
supplicato
ma nessuna parola
dal silenzio è tornata
nessuna speranza in me è nata.

Così in me stesso
per non lasciarmi morire,
per non lasciarmi sopraffare
nei tuoi ricordi,
i baci con cui le mie labbra
la mia sete d'amore
avrebbero placato,
mi sono rifugiato.

Gabriele, ibidem


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Sequestro di persona
(.) (Ndr: data): giorno in cui avrei dovuto essere scarcerato dal "Manicomio Criminale" di (.). Questo è quanto aveva stabilito il giudice nell'udienza del (.) al tribunale di (.). Inve-ce mi trovo ancora qui, in questo ricovero di matti che mi ricorda un po' l'allevamento dei maiali che facevano anni fa in Belgio.
Con il vitto di un maiale ne allevavano tre perché le gabbie erano sovrapposte perciò i due maiali che stavano sotto dovevano mangiare gli escrementi di quello di sopra.
Poi, a turno, cambiavano i posti e allora era l'ultimo in fondo a prendere il posto del primo sopra e a mangiare i mangimi.
Questo paragone con i maiali mi viene suggerito dal vitto che servono qui: il sugo non sa-rebbe cattivo, ma manca di pomodoro, così, essendo troppo asciutta, la pasta finisce sempre nel bidone della spazzatura. Il pesce è sempre crudo, così il detto: "carne cruda, pesce cotto" va a farsi friggere; la carne raramente è mangiabile, il più delle volte è troppo dura.
Comunque il vitto non è la peggiore cosa di questo O.P.G..
Il fatto più brutto è che nessuno sa quando andrà a casa ed è per questo che ci si sente se-questrati. Ma da chi? Dai Carabinieri che mi hanno arrestato pur sapendomi innocente?
Dalla Polizia che non si è mai vista?
Dalla Finanza che ha altre cose a cui pensare?
O forse è stato qualche giudice corrotto che si è voluto sostituire a Dio per fare ingiustizia e mandare all'inferno su questa terra un innocente?
Se così fosse, certamente l'inferno vero aspetta quel giudice! Quello di Dio.
Corrado, ibidem


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Il mio dramma
Mi chiamo Palmiro, detto Miro. Voglio mettervi a conoscenza del dramma che sto vivendo dal (.) a causa di una piaga venosa che ho ad una gamba.
Sono in O.P.G. di (.) dal (.) e finora non si è trovato un rimedio per un'adeguata cura alla mia gamba.
Allora mi pongo una domanda: perché i responsabili, ossia i dottori, vice direttori e direttore compresi, non mi mandano da un chirurgo specialista in ortopedia?
Palmiro, ibidem


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Ultimamente non sono più dedito alla scrittura perché mi sono reso conto che le parole non servono poi a molto.
Mauro


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Ciao amici,
spero che questa mia vi trovi bene e che tutto vi vada bene.
Spero che vi sia qualche amica che desidera scrivermi dato che ci tengo molto all'amicizia (anche quando uscirò, dato che gli amici possono frequentarsi se ci tengono all'amicizia).
Io non ho genitori, né casa, sono nullatenente. L'ho detto a tutti voi più volte.
Come va con l'associazione? S. (ndr: nostra socia) mi ha inviato l'orologio, ricordate che avevo scritto dell'orologio? Quindi vi faccio sapere che ho ricevuto l'orologio in data (.). Vedete se qualche amica desidera scrivermi e non dimenticatevelo. Cosa dirvi? Spero di rice-vere vostre notizie, qualche bollo, un giubbino XL in jeans (o una specie di Mont-Gomery), se è possibile. Ricordatevi di farmi scrivere da qualche amica dato che ci tengo all'amicizia.
Francesco


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AFFETTIVITA'
Ognuno, dentro di sé, conosce il significato di un termine così profondo, ma difficilmente riesce poi a mettere a nudo le sensazioni, i timori, le preoccupazioni, i disagi, le gioie e tutte le altre emozioni che tale parola può poi provocare dentro noi stessi.
L'affettività, in quanto tale, non dovrebbe essere un diritto precluso, reciso, o addirittura centellinato con il contagocce, per il timore di concederne troppo.
Esso dovrebbe piuttosto essere considerato il diritto per eccellenza, al pari della vita, della salute e dell'istruzione. A tale scopo, i semplici colloqui settimanali, non alleviano concreta-mente una situazione di disagio che una detenzione comporta.
Essi hanno una durata di tempo alquanto minima e, se si considerano i vari regolamenti, che impediscono anche i più semplici gesti d'affetto all'interno di una sala colloqui, il tutto assume un valore ancora più drammatico. In alcuni Istituti, ancora oggi, un padre detenuto non può tenere in braccio suo figlio e questo può essere fortemente distruttivo, a livello psicologico, per entrambi.
Un semplice bacio, con le proprie mogli o i propri mariti, un qualsiasi gesto affettuoso, vie-ne impedito da regolamenti che vorrebbero tendere al rispetto di non si capisce bene che cosa, e che invece tendono a lacerare anche l'ultima cosa che a un detenuto è rimasto: il legame con la propria famiglia.
Ma affettività è anche qualcosa di più profondo, di più personale, di più intimo!
Non si tratta esclusivamente di istinto sessuale, come molte persone vorrebbero far credere, ma molto più semplicemente ed umanamente di qualcosa che da sempre appartiene all'essere umano. Poter trascorrere qualche ora insieme alla propria compagna, al proprio compagno, ma anche insieme ai figli o alle famiglie in generale, in luoghi dove veramente si può essere al riparo da occhi ed orecchie "indiscrete", dovrebbe essere considerato qualcosa che va al di là del semplice "beneficio"; dovrebbe essere considerato semplicemente un diritto innegabile, una parte fondamentale della rieducazione e del reinserimento del detenuto.
In alcuni Paesi, come ad esempio la Svizzera, da tempo le strutture carcerarie hanno solle-vato la questione e trovato una soluzione che tutela questo diritto.
Esistono strutture simili a veri e propri mini appartamenti, all'interno del carcere, di cui il detenuto può usufruire una volta al mese trascorrendo alcune ore (da 6 a 24) con la propria famiglia, la moglie, i figli, ma anche con un semplice amico, perché l'affettività non dev'esse-re per forza sesso, come qualcuno si ostina a credere.
Quando si parla di reinserimento, troppe volte ci si dimentica degli elementi principali per raggiungere tale scopo. L'affettività è uno di questi e lo si dovrebbe tenere bene a mente, per poter progettare un sistema che consenta alle persone che sopravvivono nelle carceri di non perdere quello che di buono hanno lasciato fuori da queste mura, visto che un giorno torne-ranno ad essere liberi cittadini.
La Svizzera non è il solo Paese ad aver trovato la giusta soluzione; la lista si allunga e spe-riamo che presto, a questa, possa e voglia aggiungersi anche il nostro Paese.
Questa è una, fra le tante speranze, che ci auguriamo per il 2004.
Massimiliano


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Spett.le Associazione,
innanzitutto volevo ringraziarVi del sostegno morale che avete contribuito a farmi dare, tut-t'oggi corrispondo con Vostri associati e con la presente volevo darVi la mia disponibilità per dare un sostegno a coloro che come me si sono trovati tra quelle mura gelide e lugubri.
La mia esperienza potrà dare la forza di andare avanti e la fiducia di guardare al di là di ciò che è accaduto, sia per coloro che hanno scelto quella vita, sia per altri che si sono ritrovati vittime di sbagli altrui.
Ancora grazie.
Tanti detenuti non sanno della vostra esistenza, che secondo me dovrebbe essere data dagli assistenti volontari o educatori, di questi ultimi non nutro molta stima perché l'impegno dimo-strato nei miei confronti mi ha fatto solo peggiorare le cose, non facendomi neanche iscrivere all'università.
Possiate gradire i miei più cordiali saluti.
Complimenti sinceri per quello che fate.
Roberto, ex detenuto ed ora nostro socio


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Ciao a tutti,
inizio scusandomi per non avervi inviato gli auguri di Buon Natale e felice anno nuovo ma come potete immaginare speravo tanto in un permesso premio per vedere casa ed invece nulla di fatto: ho passato un altro Natale, Capodanno ed Epifania triste e solo, lontano da casa, dalla mia bambina. Ho dovuto scriverle, per gli auguri di buone feste, di non essere arrabbiata con me, che le volevo tanto bene e che era vicino al mio cuore anche se lontani.
Mi sono state di compagnia la noia, la tristezza e la depressione: come potete ben immagi-nare, essendoci le feste, la scuola non funzionava e così ero costretto a restare chiuso in cella e di conseguenza giornate lunghissime, interminabili, mi hanno consumato psicologicamente.
Così ho lavorato poco a Dicembre (ndr: 2002) e poco a Gennaio, ma il brutto è che non ab-biamo più ricevuto lo stipendio: il carcere non ha soldi per pagare la mercede e così è un con-tinuo lavorare per la patria.
Comunque, nonostante il vostro sollecito per farmi lavorare al direttore e all'educatore, si è dimostrato da parte mia come una provocazione e non potete immaginare come mi ha trattato l'educatore davanti a tutti gli altri lavoranti! Mi ha dato dell'infame ed approfittatore verso i compagni: mi sono sentito gelare e mi sono messo in disparte anche perché mi ha minacciato di togliermi anche quelle due ore che già facevo (ndr: e questo sarebbe un "educatore"?).
E' stata mia prevenzione informare subito il Magistrato di Sorveglianza mettendolo al cor-rente del grave fatto nei miei confronti.
La situazione non è cambiata, anzi, hanno cercato in tutti i modi e maniere di mettermi i ba-stoni fra le ruote in modo sleale ma ho tenuto duro finché ho potuto.
Sono stato felice perché il (.) ho ottenuto dopo (.) mesi, lo sblocco dei permessi e ho ot-tenuto due giorni tutti per me e la mia famiglia: sono volati via in un battibaleno.
Come potete immaginare, il cuore mi si è gonfiato di gioia nel vedere la mia casa, mia mo-glie e la mia bambina che come mi ha visto mi è saltata in braccio stringendomi fortissimo e scoppiando in un pianto di sfogo, felicità e contentezza che mi ha fatto sentire piccolo piccolo, come con una morsa al cuore. Ho cercato di essere forte, sono stato incollato alla bambina come una calamita anche quando dormiva, non ho chiuso occhio, me la sono tutta accarezzata nei capelli, sul viso, mi sembrava un sogno e di conseguenza ho avuto anche un forte trau-ma.se la vedeste.è una bella donnina, studiosa, fine, non perché è mia, ma è stupenda.
Ho trovato mia moglie molto giù e ha ricominciato a prendere gli psicofarmaci per l'esauri-mento nervoso oltre a curarsi lo stomaco che le causa delle fitte e dolori che non me la fanno mangiare; poi mi ha mostrato delle ecchimosi sulle braccia paurose, portate dall'esaurimento nervoso: mi ha fatto pena e dolore nello stesso tempo vederla così sciupata.mi ha confessato di non farcela più ad andare avanti da sola e non sa più dove sbattere la testa per trovare i sol-di per affrontare le spese di casa e degli affitti. Io, non ricevendo stipendio, non posso fare nulla per gli affitti e ho chiesto alla direzione di avere almeno un acconto: mi hanno risposto che non potevano fare nulla.
Ora ho bisogno che mi aiutate con una piccola colletta tra gli amici per pagare una bolletta di affitto che mi permetta di ottenere, vedendo la mia buona volontà, una rateizzazione degli affitti permettendomi così il rinnovo del contratto di locazione (ndr: allega alla lettera una bolletta in originale, poi rispeditagli, di oltre 300.000 lire, ancora del settembre 2001).
Ho visto il disagio in cui sono costrette a vivere mia moglie e mia figlia in quella casa fred-da dove manca anche il gas ed andando solo la bombola potete immaginare il disagio, non vi dico il freddo, per la luce ho dovuto fare un collegamento volante abusivo, così quella donna è ancora più in ansia.
Cosa devo fare non potendo lavorare né qui né fuori?
Non so più nemmeno io dove sbattere la testa, sono in uno stato confusionale estremo.
Vi torno nuovamente a chiedere aiuto nel cercare di risolvermi il problema.
Mauro


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Spett.le Associazione "Amici dei Carcerati",
sono un detenuto, attualmente ristretto presso la casa circondariale di (.), mi chiamo Mas-similiano e ho (.) anni. Ho deciso di rivolgermi a voi dopo un non breve periodo di rifles-sione, in quanto non conoscendo la realtà veneta in tema di "reinserimento", non sapevo come iniziare questa mia breve lettera.
Attualmente usufruisco di permessi premio, ma sono nei termini previsti per poter usufruire anche della semilibertà. Mi rivolgo a Voi, in quanto spero possiate in qualche modo aiutarmi.
Ho una compagna, con la quale presto mi sposerò, detenuta presso un carcere veneto, preci-samente (.); il nostro desiderio è quello di poterci ricostruire una nuova vita, basata solo sulle cose semplici della vita e niente di più.
Tuttavia, come ben saprete, per poter ottenere una semilibertà è essenziale il possesso di un lavoro. Il mio desiderio sarebbe quello di poter trovare un lavoro proprio in Veneto, magari a (.), o comunque vicino alla mia compagna.
Tutto questo, per poter poi proseguire quel percorso di reinserimento che mi permetterà, col tempo dovuto, di ricostruirmi un futuro.
Essendo ristretto a (.), non ho la possibilità di ricercare personalmente una qualunque atti-vità lavorativa, ma potrei comunque utilizzare i miei permessi premio per poter effettuare eventualmente dei colloqui in tal senso. Spero che Voi possiate aiutarmi, magari indirizzan-domi verso una qualche associazione, una cooperativa o con chiunque possa offrirmi que-st'opportunità.
Il mio residuo di pena è di anni (.), ma scenderebbero ulteriormente in funzione della libe-razione anticipata.
Sarebbe veramente importante per me usufruire di tale opportunità, anche se ovviamente mi rendo conto che, essendo in un'altra regione, potrei quasi considerarmi un "intruso".
Con la speranza di poter ricevere una positiva risposta, concludo questa mia lettera porgen-dovi i miei più distinti saluti.
Massimiliano


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Qui abbiamo formato un gruppo (con due assistenti volontari) e ogni Mercoledì ci troviamo dalle 13 alle 15, parliamo di tante cose e diciamo il Rosario per la Pace; il giorno delle ceneri abbiamo digiunato come consigliato dal Papa e gli abbiamo scritto una lettera per ringraziarlo della sua presa di posizione in favore della Pace.
Il vescovo ha aggiunto due parole e si è ragionevolmente impegnato a fare avere la nostra missiva al sottosegretario di stato del Vaticano.
Aldo


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Scrivo a voi perché già ci siamo sentiti in passato anche se per ora, fino al (.) mi trovo re-cluso presso il carcere di (.) per un piccolo reato, commesso in stato di ubriachezza. Vista la mia breve scadenza (che riguarda la scarcerazione) mi verrebbe da pensare: "Chi me lo fa fare ad espormi, per rivendicare un abuso?".
Nel rispondermi dico a me stesso, conoscendomi, che la vigliaccheria è ben lontana da me e i soprusi non li digerisco proprio.
E sono certo che accade anche a voi, alla popolazione italiana che ritiene di vivere dignito-samente, onestamente e magari va in chiesa per chiedere perdono dei propri peccati.
Questa mattina, come ogni domenica, ho assistito alla Santa Messa e, durante le strette di mano, per scambiarci un gesto di pace, ho avvicinato suor (.), un personaggio davvero squi-sito, anche per donarle i saluti di un amico che abbiamo in comune e che vive in (.) e dedica tutto se stesso per fare del bene al prossimo.
La suora, è rimasta colpita positivamente e mi ha invitato a trattenermi un attimo al termine della funzione per poterci scambiare notizie veloci riguardanti il personaggio poco fa citato.
Al termine della funzione religiosa sono stato allontanato in malo modo, bruscamente e sen-za mezzi termini dal brigadiere.
Il tutto si è svolto all'uscita della chiesa, a pochi centimetri da suor (.) e dopo aver ascol-tato l'omelia del prete che oggi più che mai si è posata sul tema della pace.
E' mai possibile raggiungere la pace se esistono agenti penitenziari che agiscono come do-matori, utilizzando spesso tale comportamento crudo verso i detenuti, che sembrano e sono docili?
E' mai possibile raggiungere la pace se circolano liberamente individui simili, se non peg-gio, del brigadiere già citato?
E' bello riempirsi la bocca di belle parole, tanto per apparire, per mascherare la cruda realtà. Mi rivolgo quindi a voi, personaggi intelligenti ed intellettuali, al popolo italiano coscienzio-so, per capire se le mie impressioni sono valide oppure se devo rassegnarmi all'evidenza, quell'evidenza che neanche i ciechi possono ignorare.
E' l'evidenza di questo mondo complicato, dove basta un po' di autorità per calpestare l'es-sere che Dio ha creato: l'uomo.
Andrea
P.S. Mi assumo la piena responsabilità di ciò che ho scritto.


***


Vi ringrazio anche a nome di molti amici che, come me, hanno tempo di riflettere sui tanti mali che affliggono la Giustizia, ma soprattutto anche a nome di chi è chiuso 20 ore al giorno tra 4 mura e deve subire, come pena accessoria, la promiscuità con persone delle più svariate "culture", razze e posizioni giuridiche da incubo.
Infatti un detenuto comune, per un piccolo reato, è a volte in cella con un incallito assassi-no.L'unica cosa positiva: adesso hanno cambiato la norma per la concessione della libera-zione anticipata, i 90 giorni all'anno per buona condotta. Non si deve infatti andare in udienza al tribunale di sorveglianza ma è lo stesso magistrato che decide (nel mio caso in 15 giorni, avrò sbagliato?).
Vorrei chiedervi se c'è la possibilità di essere messo in contatto con qualche detenuta per avere uno scambio di esperienze vissute.
Vi ringrazio del CD (ndr: gli era stato inviato un CD ROM creato dall'associazione sulla sua attività e breve storia) che ho solo intravisto: mi è stato sequestrato!
Avete riviste o stampati? Quelle passano!
Franco


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Mi avete detto che la signora (.) vi ha parlato della mia prima figlia: sì, lei è grande.
Dovete sapere che sono vedovo dal (.). Con (ndr: nome dell'ex compagna defunta) siamo stati insieme 18 anni. In pratica ci siamo conosciuti da piccini, subito dopo che io ero uscito dal collegio: è stato un corteggiamento di un anno, da parte mia, poi "Cupido" ha fatto in modo che l'amore mio perduto mi vedesse sotto un altro aspetto.lei era ed è tuttora nei miei sogni e pensieri. Una ragazza molto bella, c'erano un sacco di ragazzini che le andavano die-tro, solo che ha vinto la mia perseveranza e l'amore. E' un dono che ho.non mollo tanto fa-cilmente, su tutto.
Dopo un paio d'anni è nata l'altra mia figlia (.): sfortuna vuole, penso il diavolo, abbiamo preso la strada della tossicodipendenza. E poi, dopo le mie varie carcerazioni, nel (.) la tra-gedia che tuttora mi porto dentro, non per colpa mia (e non fatevi brutti pensieri): (.), ore 20.30, sono a casa e l'aspettavo.
Sento l'Alfa dei Carabinieri, il rombo delle pattuglie era una cosa per me che riconoscevo sempre subito: suonano. Io tutto impaurito penso che fossero lì per me, mi faccio coraggio, apro e mi ritrovo in maresciallo che con me e (.) è sempre stato bravo, anzi più che bravo, io (credetemi) vedendo la sua faccia, ho capito subito che non c'erano belle notizie.
E' stato più che mai gentile, senza dirmi niente mi ha fatto portare la bimba da qualcuno che potesse tenerla (e anche se con mia madre ero in lite, l'ho portata da lei).
Il maresciallo continuava a non dirmi niente, siamo andati in periferia, in uno scantinato: era supina, ancora con la siringa nel braccio, aveva ingoiato una confezione di barbiturici e c'era una scritta sul suo diario: "Purtroppo non torneranno mai più i tempi di una volta".
Ecco la mia colpa: non ho capito che cosa voleva fare, farla finita, amore mio perduto, per-ché? Perché? Sto piangendo, sono cose dure, dure da scrivere. Prima (ndr: nome di suo fra-tello) nel Luglio del (.), poi lei nell'Aprile del (.), poi nel (.) anche (., ndr: nome di un'altra compagna), 2 anni insieme: è annegata, è scivolata e ha battuto la testa svenendo.
Svenuta e annegata. Ma perché il Signore si prende sempre le persone che più amo?
Walter


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E' difficile per la prima volta sapersi raccontare, soprattutto non essendo più giovane (54 anni).mi chiamo Alfredo (.), sono detenuto da oltre (.) anni, prima al Giudiziario, da cir-ca (.) mesi al Penale di (.), città in cui ho sempre vissuto con la mia famiglia che ora pur-troppo non vedo più, a seguito di una tragica fatalità che ha cancellato la mia vita.
Quando si entra in questa triste realtà non c'è più posto per le speranze, le illusioni, i sogni, ma nonostante tutto cerco di resistere anche se mi sento spento, svuotato e incapace di scrive-re nel libro della vita capitoli pieni di passione e allegria.
Alle spalle c'è solo una valigia piena di ricordi e di molti rimpianti: il presente è come se non mi appartenesse, sono stanco e deluso, la depressione è penetrata in ogni fibra del mio corpo, e quando ti trovi giorno e notte fra l'apatia di giorni sterili, soffrendo fra pensieri mol-teplici che come pugnali ti trafiggono e ti trasportano la vita in un percorso di terrore, è sicu-ramente la mia solitudine che condivido con i muri di una cella, la mia grande sofferenza.
Alfredo


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Quando il Papa ha consigliato di pregare per la PACE, noi ci siamo riuniti per un giorno di preghiera e abbiamo costituito un gruppo di preghiera che una volta alla settimana si riunisce per il Santo Rosario.
Abbiamo scritto al Papa per ringraziarlo del suo impegno per la PACE e gli abbiamo dato la notizia del nostro gruppo.
Venerdì scorso è arrivata una lettera dalla Segreteria di Stato del Vaticano con i compli-menti del Santo Padre!!!
Aldo


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Spett.le Associazione AMI.CA.,
a scrivervi è un detenuto di (.), mi chiamo Luca (.), ho 26 anni, sono siciliano.
Fino a (.) anni fa abitavo in un paesino della provincia di (.). Vi chiederete: "Ma questo perché ci sta scrivendo?" Vengo e mi spiego!
Oltre che conterranei, siamo ottimi amici con (ndr: un nostro corrispondente recluso)!
L'altro giorno, chiacchierando del più e del meno, è saltato fuori il vostro nome, cioè il mio amico mi ha detto di scrivervi perché, dice, nel vostro piccolo se potete date una mano a tutti!
E così sto facendo.
Ma innanzitutto vi spiego la mia situazione, poi se voi potrete nel vostro limite darmi una mano, ve ne sarei grato.
Allora, da quasi (.) anni sono rinchiuso nelle varie patrie galere, con un lungo fine pena: (.), complessivamente 30 anni di galera da scontare.
Con mia moglie ci siamo conosciuti 3 mesi prima che mi arrestassero e ci siamo sposati nel (.), nel carcere di (.), ovviamente è stato un matrimonio bianco, mai stato consumato.
Comunque adesso la mia famiglia vorrebbe trasferirsi nella città di (.) per starmi più vici-no, per avere colloqui più frequenti e allo stesso tempo facilitare, per quando sarà la conces-sione di qualche beneficio di legge, i "permessi premio".
Quello che vi chiedo, sempre nel limite delle vostre possibilità, è se potete darmi un aiuto, soprattutto alla mia famiglia: trovare una casa in affitto di modico valore e un lavoro per mio padre, mia madre, mia moglie e i miei fratelli.
Se sarete disponibili a darmi questo aiuto, potrei mandarvi il numero di telefono di casa dei miei e mettervi in contatto. E se poi vi è possibile farmi dono di qualche corrispondente (ho bisogno di nuovi amici/che), vedete voi.nel frattempo, restando in attesa di una vostra rispo-sta, saluto cordialmente tutta l'associazione!
Luca


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Riguardo al permesso vi prometto che appena andrò vi chiamerò immediatamente, lo farò dalla casa di don (.), vi dico già l'orario: 20.30, ok?
Certo che preferisco vedere (., ndr: una socia di un'altra associazione di volontariato pe-nitenziario) fuori da queste mura, come avete detto voi è tutto più bello: di solito stiamo un paio di ore in quanto i suoi genitori l'accompagnano da don (..) e poi vengono a riprenderla.
Sapete che c'è? Mi sto innamorando di lei e (., ndr: altra socia della stessa associazione) sta svanendo dal mio cuore: ora lo sapete! Vi ringrazio per esservi informati riguardo ai bolli per il Chad! Sapete che la musica è vita, perciò se avete voglia registratemi pure quello che vi va, ok?
A me piace la musica italiana!
Angelo

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Carissima AMI.CA.,
mi chiamo Natale (.) e mio malgrado mi trovo in quel di (.). Un anno fa ero a (.) ove mi trovavo dal (.) e poi fui trasferito qui.
Già quando ero a (.), tramite la vostra Associazione mi misi in contatto con la sig.ra (.) e corrispondo con lei ormai da quasi 3 anni, e vi dirò che ciò ha portato non poco sollievo alla mia interminabile Via Crucis. Da quando sono qui a (.) le cose sono cambiate di molto, in bene naturalmente: di tanto in tanto vado in permesso, frequento un corso di operatore grafi-co, ma soprattutto ho portato a termine la mia opera (ndr: titolo), un libro indirizzato ai nostri giovani, ove racconto le storie di coloro che ho incrociato in questo lungo e tortuoso cammi-no. Un libro creato affinché i nostri ragazzi capiscano quanto aberrante e assurda può essere la vita carceraria.
Tramite alcuni volontari ho già preso contatto con alcune case editrici, ora aspetto con ansia dei riscontri positivi.
Come vi dicevo, è da un po' di anni che corrispondo con questa vostra volontaria: lei prati-camente sa proprio tutto di me, però non mi sono mai permesso di chiederle alcunché, so che non è corretto approfittare della fiducia delle persone. Ora che purtroppo mi si presenta un se-rio problema preferisco parlare direttamente con voi.
E' da ben 8 anni che sono detenuto, in questi lunghi anni molte cose sono cambiate nella mia vita, (.) anni fa ho divorziato da mia moglie, praticamente chi è rimasta a condividere le mie pene è solo la mia mamma, e lei in questi anni mi è stata vicina in tutto e per tutto.
Altresì ho una bambina di nome (.): quando fui arrestato lasciai a casa un pargoletto di ap-pena un anno, ora mi ritrovo una bella signorinella di 9 anni. A causa dei continui litigi con la mia ex, è da 8 anni che non vedo la piccola, ora, dopo varie trattative abbiamo trovato un ac-cordo e sembra che le cose stiano tornando alla normalità. Il Magistrato di Sorveglianza mi ha firmato un permesso premio di 10 gg. dal (.) al (.), e (ndr: nome dell'ex moglie) è disposta a portarmi la piccola qui a (.) e a lasciarmela praticamente per una settimana.
Tutto ciò mi rende così felice, era da molto tempo che non provavo certe emozioni così for-ti. Peccato però che a guastare questo momento unico e sublime c'è il problema del denaro.
Il giorno dell'incontro si sta avvicinando ed io mi trovo senza il becco di un centesimo; a Gennaio riapre la tipografia del carcere ed io sarò uno di quelli che vi prenderanno posto, in-fatti mi stanno facendo fare questo corso proprio per questo motivo e lo stipendio è il più alto che si ottiene in un carcere (infatti sono considerato nella categoria A).
Quindi non chiedo dei soldi a fondo perduto ma bensì un prestito da restituire a piccole rate. Credetemi, è molto difficile per me buttare giù queste righe, ma la verità è che sono a dir poco disperato. Non immaginate in questi anni quante volte ho sognato questo momento ed ora che esso finalmente è giunto, non posso uscire 10 giorni senza poter far fronte alle minimali esi-genze che avremo io e (.).
Dopo 8 anni chiedo un atto di fiducia, ho sempre pensato di tornare alla vita con il cuore più nobile di prima, con il cuore di un uomo che ha sofferto tanto. Quindi restituire questo denaro per me ha un significato che supera il debito materiale, è qualcosa in più, è una prova.
Ho avanzato a voi questa richiesta perché non ho voluto avanzarla a (ndr: nome della nostra socia). Nelle mie cose voglio essere corretto.
Carissima AMI.CA., so che forse non potete far fronte a queste mie richieste, beh, nel mio caso sappiate che non ho altri Santi in Paradiso.
Per il momento, oltre a mia figlia e alla mia vecchia madre, siete l'unica occasione che ho.
Voglio comprare a (.) tutto l'occorrente per iniziare il nuovo anno scolastico, poi voglio portarla in pizzeria, voglio comprarle qualche giocattolo, voglio passare con lei una settimana memorabile, voglio che alla fine dica: "Ecco, il mio papà è tornato".
Natale


***











Gli Autori Vari che hanno realizzato questo libro:

1. Carmine
2. Filippo
3. Mauro
4. Roberto
5. Alessandro
6. Pasquale
7. Giovanni
8. Gianni
9. Luigino
10. Dario
11. Raniero
12. Aldo
13. Edoardo (nome fittizio)
14. Roberto
15. Antonino
16. Vincenzo Andraous
17. Giovanni
18. Nicola
19. Alfredo
20. Stefano
21. Roberto
22. Gianni
23. A.M.
24. Lettera privata
25. Mariano
26. Giulio
27. Anonimo
28. Traore
29. Andrea
30. Guglielmo
31. P.
32. Mariglen
33. Vito
34. Marco
35. Michele
36. Antonio
37. Pamela
38. Anonimo
39. Antonio
40. Santiago
41. Mariano
42. "Il Gruppo di Solidarietà", Rebibbia, Roma
43. Domenico
44. Pietro
45. Gianfranco
46. Giacomo
47. Giovanni
48. Paolo
49. Antonio
50. Paolo
51. Pasquale
52. Giancarlo
53. Salvatore
54. Nicolò
55. Marzia
56. Salvatore
57. Vincenzo
58. Francesco
59. Mimmo
60. Angelo
61. Raffaele
62. Pierluigi
63. Davide
64. Antonio
65. Marino
66. Pietro
67. Antonio
68. Saverio
69. Simone
70. Walter
71. Alfredo
72. Francesco
73. Carlo
74. Christian
75. Renato
76. Taoufik
77. Mauro
78. Simone
79. Bouthouri
80. Franco
81. Lino
82. Renato
83. Giorgio
84. Gabriele
85. Corrado
86. Palmiro
87. Francesco
88. Massimiliano
89. Roberto
90. Mauro
91. Andrea
92. Alfredo
93. Luca
94. Angelo e
95. Natale.

Senza di voi "Voci da Galera" non sarebbe mai esistito: grazie!





Carlo Molinari è nato nel 1964 a Conegliano (TV), è laureato in Giurisprudenza e lavora in una casa di riposo per anziani come operatore addetto all'assistenza.
Ha studiato pianoforte fin da quando aveva 10 anni e ha suonato per circa 12 anni in pianobar di villaggi turistici, pub, discoteche, locali pubblici e in manifestazioni locali e nazionali. Nel 1995 e 1996, commissionato dalla Rizzoli, ha selezionato a livello comunale decine di bambini che mira-vano a partecipare allo "Zecchino d'Oro". Nel 1996 ha musicato su commissione della CGIL-FIOM un rap per la campagna d'iscrizione annuale al sindacato: l'originalità del fatto è stata ri-portata da alcuni TG della Rai, di Mediaset e da Videomusic, oltre che dai quotidiani locali e na-zionali più importanti.
Ha pubblicato nel 1992 un libro di poesie dal titolo "Tra Strelizia e Calycanthus", il cui ricavato è stato interamente devoluto all'associazione "Amici di Raoul Follereau" (Amici dei Lebbrosi) di Bologna. Ha ricevuto due premi nazionali per due poesie inedite, uno dei quali da Andrea Zanzotto (ex candidato al Premio Nobel per la poesia) e l'altro dalla poetessa Maria Organtini.
In campo pittorico si è cimentato con parecchi quadri-collages, ideati e creati con volantini da di-scoteca ed altro materiale, interpretandoli in varie forme artistiche. Ha presentato nel 1995 una sua Vernice ed ha partecipato ad una quindicina di mostre collettive.
Sette anni fa ha fondato l'associazione "AMI.CA." (Amici dei Carcerati): l'associazione, estesa a livello nazionale, si occupa di corrispondere con chi vive la dura esperienza del carcere. AMI.CA. attualmente è composta da circa 80 soci sparsi in tutta Italia con circa 150 corrispondenti, tra cui anche un afro-americano condannato a morte in Texas (U.S.A.). La formula di associazione "di scrittori di lettere a ragnatela" (ovvero sparsi e organizzati capillarmente in tutta la penisola) ideata da Molinari si è espansa, per emulazione, anche in alcune città degli Stati Uniti, come ebbe ad affermare un conduttore di Radio Maria durante una delle interviste fattegli negli anni scorsi.
Con "Voci da Galera" è alla sua seconda pubblicazione.
Un artista poliedrico.

Penso alla mia famiglia: mi manca. Poi penso ai motivi per cui sono qua. A quanto tempo devo ri-manerci. Penso qualche volta pure di morire. (Pasquale)

Siamo tutti soli. (Aldo)

Quando sono da solo il mio pensiero rimane perplesso dalle circostanze dell'ambiente e va nel culmine della mia disperazione contenendomi in un equilibrio psicofisico controllando me stesso, raggiungendo così l'obiettivo di trattenere la mia depressione, le mie apatie, la mia solitudine. (Al-do2)

Quello che vi chiedo, sempre nel limite delle vostre possibilità, è se potete darmi un aiuto, soprat-tutto alla mia famiglia: trovare una casa in affitto di modico valore e un lavoro per mio padre, mia madre, mia moglie e i miei fratelli. (Luca)

Non vi dico la scuola: qui ci sono 4 maestre, una fa l'inglese, una la matematica, e due fanno Ita-liano ecc... Dove si è mai sentito dire che le guardie devono stare dentro la scuola? Le maestre ci danno i compiti, mi spiego meglio: portano cruciverba per farci mettere la mente in movimento e le guardie ci rimproverano perché facciamo cruciverba. (Saverio)

Antonio Fava: arrestato per traffico di droga ha passato 98 giorni in carcere prima di venire as-solto con formula piena. Naturalmente, come tanti altri ha perso il lavoro, gli amici, insomma i so-liti disastri che nessuna giustizia potrà mai ripagare. (Fonte: RAI 2, "Racconti di vita", 06/11/99)

Con il Patrocinio e il con il Contributo della città di Conegliano - Assessorato alla Cultura

 
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evas
view post Posted on 18/6/2009, 16:41




sonno lla sorella di un detenuto,che nel 2002 lui ha fatto un suiccidio e ora ha 7 anni in coma.per la nostra famiglia lui e morto.la nostra vita ha fato una ruota di 180 gradi.il nostro cuore e la nostra mente sofre molto.io capsico quando vedo le sue lettere \che anche lui ha sofferto molto.i uomini vadono nel altro mondo e non tornano piu e noi tutti dobbiamo provare a tenerli in questo mondo il piu alungo possibile.
 
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4 replies since 14/1/2005, 00:47   7346 views
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